Si sa che l’ossessione del neo ministro alla Cultura, Alessandro Giuli, interprete di punta del melonismo proprio per questo, è di voler capovolgere la presunta egemonia culturale della sinistra, appropriandosi dei suoi stessi miti e, come è stato scritto, “rubando gli dei dai templi degli avversari” (per esempio Gramsci e Pasolini). Non c’è da meravigliarsi allora che sempre dal linguaggio colto da lui ritenuto di sinistra abbia estratto per il suo discorso alla Camera espressioni come “ontologia intonata alla rivoluzione permanente dell’infosfera globale”, “ipertecnologizzazione”, “apocalittismo difensivo”. Con questi travestimenti intendeva semplicemente invitare a non entusiasmarsi troppo per i progressi tecnologici né a rinchiudersi nei rimpianti del bel tempo che fu. Ma ha forzato i termini, ha cercato i più involuti, fino a doversi affidare alla lettura del suo discorso. A Niki Vendola, invece, certe espressioni venivano a braccio: alla sinistra complicare le cose è sempre riuscito meglio.
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