Crolli, Metacarpi del 5 febbraio

Se dovessimo individuare qualche immagine simbolica della disarticolazione del sistema dei partiti cui stiamo assistendo, avremmo solo l'imbarazzo della scelta. C'è il Matteo Salvini che lascia sola Giorgia Meloni a chiedere il voto anticipato. E poi il Cavaliere che fa di testa sua, liberandosi di un patto centro destra che non ha mai digerito. Ancora: i pentastellati che un tempo non avrebbero esitato a definire il premier incaricato la quintessenza dei poteri forti, costretti a guardarsi allo specchio e a spaccarsi tra i duri e puri della diversità etica e i “governativi” che hanno imparato come la politica sia arte del possibile. Verrebbe da aggiungere il vertice del Pd, pronto ancora a svenarsi un po' per responsabilità e un po' perché al potere ci sta bene, ma con il rischio di trovarsi la Lega come alleata. C'è chi ascrive il merito di tutto questo a quel mattocchio Matteo Renzi. Siamo più propensi a credere che tutto avvenga per la personalità e le relazioni di Mario Draghi. A nessun altro sarebbe stata permessa di sgretolare così alla svelta certezze e confini che durano da trent'anni. Che senso dell'umorismo ha dimostrato Mattarella.