Virus, detonatore di una crisi incipiente

Da tempo avevamo avvisato che i prezzi delle attività finanziarie, alle stelle, non erano corrispondenti alla realtà economica, che manifestava invece segnali di recessione, non solo in Italia. L’esplosione del contagio che, oltre alla Cina, ha penalizzato soprattutto il nostro Paese, non ha fatto altro che accelerare una tendenza in atto. Come sempre in questi casi, il ritracciamento dei prezzi è stato tanto rapido quanto improvviso e violento: i grafici sono impressionanti e disegnano una candela in caduta verticale. In altri casi a simili crolli repentini è seguito un forte rimbalzo, secondo il classico schema a V, con un rapido recupero dei corsi borsistici, ma temo che questa volta occorrerà parecchio tempo per rimarginare le ferite. Ciò per ragioni connesse all’andamento dell’economia reale, che presenta problemi sia sul lato della domanda che dell’offerta: riduzione della spesa a causa del blocco della mobilità (che penalizza soprattutto il turismo, una delle principali voci del nostro sistema economico), da un lato, difficoltà nelle forniture, soprattutto per le merci e i componenti provenienti dal lontano Oriente, dall’altro. Ma anche per motivi intrinseci ai mercati finanziari: si ha l’impressione che qualche operatore, esposto al rialzo con i derivati, cominci a essere seriamente in difficoltà. Un film già visto nelle precedenti crisi (2007/2008 e inizio secolo). Un segnale di tali difficoltà è dato dalla discesa simultanea di tutti gli asset, anche di quelli che, normalmente, dovrebbero essere decorrelati. È sceso il dollaro, sulle voci di un taglio dei tassi da parte della Fed che, al pari di altre banche centrali cercherà di tenere in vita con l’ossigeno mercati ormai asfittici, ma è sceso al tempo stesso anche l’oro che, oltre a essere inversamente correlato ai tassi sul dollaro, dovrebbe funzionare come bene rifugio nei momenti di panico. Cosa significa quando scende l’oro mentre dovrebbe continuare a salire? Solo prese di beneficio, essendo in precedenza salito molto? O, piuttosto, realizzi da parte di chi non sa più cos’altro vendere per tappare i buchi derivanti da perdite altissime, moltiplicate dall’uso di strumenti a leva, sulle borse? Brutto segnale quando si è costretti a vendere gli asset migliori e più sicuri, solitamente è l’anticamera del fallimento. Questo è l’aspetto più preoccupante, ovvero che qualche importante operatore possa saltare, mettendo in crisi tutto il sistema (ricordate Lehman Brothers?). Se non fosse in difficoltà l’economia reale saremmo propensi a considerare l’attuale ribasso alla stregua di ciò che avviene, stagionalmente, ogni anno: i mercati salgono all’inizio, poi correggono tra febbraio e marzo, risalgono prima dello stacco dei dividendi a maggio e quindi si assestano o ritracciano durante la pausa estiva. Ma purtroppo la rottura sui grafici appare troppo grave e difficilmente ci sarà una ripresa dei corsi a breve. 

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