Soldi nostri del 12 dicembre

Una politica autolesionista

È sotto gli occhi di tutti la litigiosità dell’attuale governo, giallo-rosso, come del precedente, giallo-verde, nonché la modalità tipicamente italica di improvvisare giorno per giorno in base alle sollecitazioni del momento. Per questo non è stato possibile, finora, commentare seriamente la manovra economica e tantomeno la controversa questione dell’adesione dell’Italia al fondo salva stati: inchiostro sprecato. Tasse che vanno e che vengono, o la cui applicazione viene rimandata a tempi migliori, compresa l’ipotizzata rimodulazione dell’Iva, nel difficile tentativo di far combaciare l’esigenza di far quadrare i conti con il mantenimento del consenso elettorale, impresa titanica. Si potrebbe però, almeno, migliorare la comunicazione. Ad esempio evitando la quotidiana spettacolarizzazione dei contrasti nella maggioranza, studiando per bene i provvedimenti da assumere e comunicandoli una volta raggiunto l’accordo, senza dover ricorrere a continue retromarce, evitando di dare l’impressione di voler a tutti i costi gravare i cittadini di nuove tasse, anche quando non è vero. Già nuove tasse sono necessarie per tappare i buchi lasciati da chi ha governato negli ultimi dieci anni, ma far passare per nuove tasse già esistenti è un esercizio al limite dell’autolesionismo. Mi riferisco all’emendamento alla manovra relativo al pagamento dell’Imu sulla seconda casa posseduta dal nucleo famigliare. Una norma già applicata dall’anno fiscale 2013 anche in base a una sentenza della Corte costituzionale che ha dato mano libera ai comuni per l’applicazione dell’imposta retroattivamente, per l’ultimo quinquennio. Chi segue la rubrica sa che ne ho scritto sul numero di Voce uscito il 19 settembre in un articolo intitolato “La pressione del fisco sugli immobili”. E, come sempre, parlo per esperienza personale, dal momento che la mia famiglia, che possiede due immobili in comuni diversi, intestati singolarmente a uno dei coniugi (per ciascuno dei quali si tratterebbe di abitazione principale, essendo diverse le residenze anagrafiche, per motivi di lavoro) in realtà da tempo paga per l’appunto l’Imu su uno dei due immobili che il Fisco, già ora, non riconosce come abitazione principale.

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