Il risparmio immobilizzato, Soldi nostri

Non sono solo i timori conseguenti alla pandemia a bloccare i risparmiatori, la tendenza a preferire la liquidità rispetto all’investimento infatti è precedente alla recente crisi economica. Se sui conti correnti si sono accumulati ben 1.700 miliardi di euro, cui si sommano i 550 miliardi del risparmio postale, le ragioni sono più profonde e dipendono da ragioni strutturali. Il motivo principale risiede nel fatto che il risparmio da tempo non viene più remunerato, anzi è gravato di tasse e oneri, ragion per cui la scelta più razionale è rappresentata dall’opzione della liquidità. L’atteggiamento delle autorità è schizofrenico: sentiamo esponenti governativi che invitano a investire, smobilizzando la liquidità presente sui conti e, al tempo stesso, assistiamo al dibattito tra le autorità monetarie internazionali sulla possibilità di portare i tassi, già oggi in terreno negativo, alla soglia del meno uno per cento. Solo un pazzo potrebbe prestare denaro a lungo termine, per di più a debitori inaffidabili quali sono oggi persino gli Stati, accettando una perdita, in partenza, dell’uno per cento. La discussione verte sulla sostenibilità, per il sistema finanziario, di tassi negativi di questo calibro e si stima che banche e assicurazioni non sarebbero in grado di funzionare a certi livelli di repressione finanziaria. Già oggi, con i tassi negativi della Bce intorno al meno 0,50, le assicurazioni annaspano. So di casi di compagnie assicuratrici disposte a concedere agli assicurati premi del venti per cento a condizione che recedano da contratti che prevedevano in origine tassi garantiti del quattro per cento annuo, ormai palesemente insostenibili. Ciò significa che si prevedono tassi negativi almeno per il prossimo quinquennio, ma forse la tendenza durerà molto più a lungo.

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