La Borsa di Milano ha recuperato i livelli di undici anni fa, paradossalmente, sull’onda delle notizie negative che arrivano dalla produzione industriale e dagli effetti della pandemia. Rivisto al ribasso il Pil, in tutta Europa, non solo in Italia, 30 mila visitatori cinesi in meno al Salone del mobile di Milano e la Borsa svetta toccando nuovamente il livello che precedette la crisi di cui ancora stiamo scontando le conseguenze. La risposta che viene dai tecnici è che ormai la maggior parte degli scambi è regolata dagli algoritmi i quali sono insensibili alle emozioni e quindi si muovono solo in base all’analisi tecnica, ovvero ai grafici. Gli economisti aggiungono che la politica dei tassi negativi perseguita dalla Bce rende improponibile l’investimento in titoli obbligazionari e quindi non resta che puntare sulla Borsa. Vero anche questo. Aggiungiamo poi che tutte le banche centrali continuano a iniettare liquidità nel sistema (quella giapponese acquista direttamente azioni oltre che obbligazioni e quella cinese ha stanziato l’equivalente di poco meno di 200 miliardi di dollari per contenere gli effetti negativi dell’epidemia in corso). Qualche riflesso negativo di queste politiche lassiste lo si è registrato tuttavia sui cambi: l’euro è sprofondato contro il dollaro e ancor più contro il franco svizzero, per non parlare dell’oro. Il recupero della Borsa di Milano pertanto compensa a mala pena la svalutazione monetaria. Ma quanto a lungo potrà durare la divaricazione tra la finanza e la realtà economica? Le borse solitamente anticipano il trend economico: davvero oggi vedono tutto rosa? O ci sono mani forti che intervengono per evitare che dilaghi il panico sui mercati, al pari di quello che dilaga per la prospettiva di una pandemia? Mani forti che intervengono sui mercati più importanti, ma che lasciano al loro destino le aree più deboli, come l’Argentina, di nuovo sull’orlo del default. Si parla infatti di una nuova ristrutturazione del debito pubblico, e si discute se debba essere del 15 o del 30 per cento, si prospetta una dilazione delle scadenze dei titoli e una restrizione dei movimenti dei capitali. Tutto ciò perché il rapporto debito-Pil in Argentina si è assestato al 94 per cento (cosa dovrebbe accadere quindi in Italia dove questo rapporto è intorno al 134?).
21 Febbraio 2020
Il divario tra finanza ed economia reale
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