Fare i conti con la realtà, Soldi nostri del 7 novembre

Mai avrei pensato, in gioventù, di indossare, in vecchiaia, i panni dell’austero Ugo La Malfa (storico leader del Partito repubblicano), severo censore della spesa pubblica. L’avanzare dell’età, con l’esperienza acquisita, porta spesso a considerare diversamente le cose. Il fatto è che le nostre idee giovanili, sostanzialmente keynesiane, di uno sviluppo basato sull’espansione della spesa pubblica, alla distanza, si sono rivelate fallaci. E ciò nonostante queste politiche siano ancora perseguite dalla totalità dei partiti e movimenti che hanno guidato il Paese negli ultimi vent’anni. In conseguenza, il debito pubblico ha raggiunto ad agosto (ultimo dato ufficiale da me reperito) la stratosferica cifra di 2 mila 463 miliardi di euro. Che, detti così, sembran pochini, ma scritti in cifre risultano 2.643.000.000.000. E, tradotti in lire, per i nostalgici, ammontano alla bella somma di 4.769. 033. 000.000.000, ovvero, in lettere, quattromilioni settecentosessantanovemilatrentatre miliardi. Cifra elevata e impressionante, anche in rapporto al Pil: è pari infatti al 134 per cento (dato registrato a fine luglio). Con un incremento, da inizio anno, di 100 miliardi tondi: da 2 mila 364 miliardi, a gennaio, a 2 mila 463 e rotti, appunto, a fine agosto. Rispetto a un anno fa il rapporto deficit-Pil è peggiorato di un ulteriore 1,9 per cento. Questo è il quadro in cui i partiti dibattono se sia giusto o meno tassare le merendine o le bevande zuccherate. E in cui si vara una manovra finanziaria che già in partenza, per almeno la metà, si basa sul deficit (ma, essendo le entrate in gran parte aleatorie, detta proporzione a fine anno sarà senz’altro più alta). Gli Italiani poi sono ben buffi: insorgono all’unisono quando si parla di tasse, ma nessuno fiata quando si varano politiche di spesa, spesso insensate e controproducenti (vedasi il reddito di cittadinanza). 

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