Crisi, primi segnali di reazione

Alla fine le autorità si sono mosse anche  in ambito finanziario, sia pure con un  ritardo paragonabile a quello che purtroppo  abbiamo dovuto constatare in campo  sanitario, ovvero dopo aver registrato uno  sfracello. Il crollo verticale delle quotazioni  azionarie della Borsa di Milano si è arrestato  magicamente non appena la Consob, l’organo  di vigilanza preposto, ha disposto il blocco per  tre mesi delle vendite allo scoperto.  La delibera, adottata il 17 marzo, ha vietato  la vendita del future e di opzioni call nonché  l’acquisto di opzioni put, di certificates put e di  covered warrant put sull’indice della borsa milanese;  ha vietato altresì l’acquisto di Etf short  che abbiano come  sottostante il medesimo  indice.  In pratica il  provvedimento  ha tarpato le ali  alla speculazione  ribassista che aveva  accentuato la  naturale tendenza  dell’indice al  ribasso, a seguito  della fase recessiva  dell’economia  in cui siamo  piombati. Tutti gli  strumenti sopra  citati costituiscono  infatti l’armamentario  tipico dei ribassisti che all’improvviso  si sono trovati nell’impossibilità di operare  e, anzi, presi in contropiede, hanno dovuto  chiudere in fretta le posizioni determinando la  fine del crollo verticale e un timido rimbalzo.  Rimbalzo cui hanno contribuito i contestuali  provvedimenti presi dalla Fed e dalla Bce cui  si sono aggiunti quello dell’Unione europea e  di vari governi tra cui il nostro. Le banche centrali  hanno garantito la liquidità necessaria  al funzionamento del sistema, come accadde  dopo la crisi dei mutui sub prime, trascinatasi  di fatto fino al 2011. L’Unione europea ha  sciolto i vincoli derivanti dal patto di stabilità,  lasciando liberi gli stati membri di indebitarsi  per far fronte all’emergenza e il governo italiano  ha preso vari provvedimenti utili a fronteggiare  la crisi, nell’immediato.  Tutto bene dunque? Per ora sì, anche  se queste scelte non saranno prive di conseguenze,  in futuro. Non c’è da rallegrarsi  infatti se l’Italia si indebiterà fino al 140 per  cento del Pil, percentuale degna della Grecia  prima dell’intervento della troika. Il “liberi  tutti” dell’Europa, politica e finanziaria, ha  già determinato il crollo dell’euro contro il  dollaro: il cambio è passato da 1,14 a 1,06 in  un battibaleno e solo perché il dollaro a sua  volta si era in precedenza svalutato quando la  Fed aveva azzerato i tassi, altrimenti il divario  sarebbe stato ancora maggiore. Anche il fermo  imposto ai ribassisti potrebbe avere conseguenze  in futuro: si è infatti registrata una  forte divergenza tra l’andamento dell’indice  milanese e quello delle altre piazze finanziarie  e si teme che, finito il blocco, il riallineamento  dei valori possa essere traumatico.  Inoltre si impediscono le operazioni di  copertura che tipicamente effettuano i grandi  investitori a salvaguardia dei portafogli azionari.  Per difendere un capitale investito stabilmente  in azioni si può infatti vendere l’indice  corrispondente, a copertura: quel che si perde  da un lato si  guadagna dall’altro  e non occorre  disinvestire (la  cosa riguarda  soprattutto  investitori istituzionali,  come le  fondazioni bancarie  e azionisti di  controllo). Ora chi  vende azioni deve  possedere effettivamente  i titoli  ma non è detto  che il ribasso, per  questo, si arresti.  La caduta infatti  può proseguire  sull’onda della diffusione della crisi sanitaria  a livello mondiale, dalle conseguenze incalcolabili.  Se si trattasse di una “normale” crisi finanziaria,  come fu anche l’ultima, ovvero del  semplice scoppio di una bolla, suggerirei di  investire, a questi prezzi stracciati (la Borsa di  Milano ha perso un terzo della sua capitalizzazione  nel giro di un mese), ma temo che sia  prematuro riaffacciarsi sui mercati poiché è in  crisi l’economia reale. E anche le misure prese  dalle autorità politiche e monetarie mi pare  che non possano recare un grande sollievo nei  prossimi mesi: a cosa servono i tassi a zero se  non si può far nulla, nemmeno uscire di casa?  E le iniezioni di liquidità? Idem. E se anche si  distribuissero denari con l’elicottero dove e  come potremmo mai spenderli, confinati tra  le quattro mura di casa? Se assisteremo a dei  rimbalzi si tratterà probabilmente dei classici  rimbalzi del gatto morto, ben noti a chi opera  in borsa. Intanto contiamo le perdite che,  in alcuni casi, hanno toccato il 95 per cento  (come per certi strumenti a leva): ben 2.000  certificates hanno infranto la barriera e chi  li ha acquistati si ritrova ora in mano azioni  svalutate.  E siamo solo all’inizio, purtroppo. 

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