Settegiorni, su Voce digitale del 9 luglio

Digressione socio-sportiva. Da sempre Inghilterra-Italia è un confronto che va ben oltre lo sport. Evoca antichi e mai dissolti pregiudizi: degli Inglesi verso gli Italiani inaffidabili e commedianti; e degli Italiani verso gli Inglesi presuntuosi, superbi e anche un po' invidiati quando, al tempo della Buonanima e della Perfida Albione, si sapeva che loro mangiavano tre volte al giorno mentre nella povera Italietta degli anni Trenta si faticava a combinare il pranzo con la cena. Per dire, insomma, che non c'era bisogno che ci si mettessero anche la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (a proposito, benvenuta a Carpi) e il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, a caricare l'Italia della responsabilità di vendicare l'Europa dalla Brexit. Bastavano le nostre, di ragioni.

Riforma della giustizia: un compromesso, chiaramente, come si governa, sennò? Ma in area Cinque Stelle che succede? Conte, che passava per il governativo e al cui Statuto il fondatore Grillo aveva detto no sventolando i sacri principi fondativi – appunto –, si ribella alla legge Cartabia. E lo fa, questa volta da movimentista, insieme alle altre vestali dello spirito originario, Bonafede e Di Battista, contro il Grillo divenuto improvvisamente governativo a pilotare il pupillo Di Maio nelle stanze del potere e a favore della riforma. Senza entrare nel merito della questione, ci sembra un quadretto sufficiente a connotare l'abisso disperante che alligna al centro del nostro sistema politico con i suoi 227 deputati e 112 senatori.  Tanti, almeno, erano prima che iniziasse lo stillicidio delle espulsioni e degli abbandoni: ma alla luce degli accadimenti, restano ancora troppi.