Settegiorni, su Voce digitale del 3 settembre

Non siamo fra quelli che demonizzano i non vaccinati. La definizione di No Vax li confina in un perimetro ideologico e di principio, che non rappresenta affatto la varietà di motivazioni (paure più o meno fondate, ragioni di salute, ragioni pratiche) che vengono da questa parte della popolazione. Non si capisce neppure, però, la sequela infinita di discussioni e distinguo che da noi, ma pare anche in Francia, molto meno in Germania e Inghilterra, si è aperta sul green pass. Certo, le sue modalità applicative si prestano: ma ambiguità e sperequazioni si spiegano con l'attitudine dei governi di procedere per compromessi, a zig zag, piuttosto che dritti allo scopo. Se la scienza ha individuato quel mezzo, per raggiungere lo scopo, è giusto che diventi obbligo per tutti, riservando una via d'uscita alternativa a chi proprio non può o non vuole, purché sia eccezione (continua a leggere).

A scorgere le cronache della ripresa, si direbbe che viviamo in una città nella quale la preoccupazione principale è la conservazione delle alberature. Il tema, per importanza, è fuori discussione: specie a considerare la funzione da loro svolta in un'area padana dall'aria irrespirabile. Servirebbe tuttavia un minimo di equilibrio, specie quando, a fronte di uno, due, dieci alberi abbattuti per ragioni di sicurezza o funzionali, se ne ripiantano cinquanta. Che è poi quello che conta, anche se nell'immediato non saremo noi a beneficiarne, ma le generazioni future. Alle quali, peraltro, lasciamo l'eredità di un debito così gigantesco, che un poco più di ombra e di aria pulita a loro vantaggio è il minimo risarcimento che ci compete.

 

A proposito. Annunciamo qui la fine di un sogno: quello di una aiuola, alberata e ombreggiata larga almeno due corsie, delle quattro attuali, e per tutta la lunghezza di via Peruzzi, dove ricavare anche una ciclabile. La segnaletica orizzontale verniciata in questi giorni ci ha costretti a un brusco risveglio.