Settegiorni del 2 aprile

Schuld, ci ricorda Luigino Bruni sul quotidiano Avvenire del 31 marzo, è un termine tedesco che significa, allo stesso tempo, “colpa” e “debito”. È lo stesso termine che, con lo stesso significato, ricorre anche nella lingua olandese. Dice niente, questo? Dice, osserva l’articolista, che due paesi con radici culturali profondamente affondate nella riforma protestante – calvinista l’Olanda, luterana la Germania – collegano molto più di quanto non sia abitudine dei Paesi di matrice cattolica come Francia, Spagna e Italia, il concetto di debito a quello di colpa. Per loro, dunque, il debito, prima ancora di rappresentare una faccenda di natura economica, è una questione morale e religiosa, come si coglie dalla lettura di tutta la Bibbia. E com’è implicito in quel passo della prima preghiera cristiana (“Rimetti a noi i nostri debiti...) che noi latini recitiamo automaticamente, senza forse coglierne il significato profondo che gli viene attribuito al di là delle Alpi. Se dunque il debito è colpa, allora il debitore è colpevole: si tratti di una persona o di uno Stato. Questo spiega, sempre secondo Bruni, il motivo della divaricazione interna all’Europa, per la quale i paesi nordici, Germania e Olanda in primo luogo, si fanno rigidi custodi del rapporto debito/pil, rigettando l’idea dei coronabond. Spiega, ma non giustifica; fa comprendere l’origine lontana del carattere, ma non il restarvi impigliati a tutti i costi, indifferenti al mutare degli scenari e degli eventi. In altri termini “...se l’Europa non vuole essere la grande vittima del Coronavirus, i Paesi nordici devono essere più grandi del peso delle proprie parole”. Come Schuld, appunto. Ma anche, per quel che ci riguarda, di tutte le parole che tradiscono la nostra scarsa cultura civica di Italiani. Come il nostro vocabolo “ furbo” spesso applicato all’evasore o all’aggiratore delle leggi. Provate a tradurlo, “ furbo”, in tedesco: al massimo vi verrà fuori uno Schlau che significa “ intelligente”. Il che non è proprio la stessa cosa.

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