Settegiorni del 12 marzo

“Tutti in casa”, titolava il quotidiano la Repubblica di martedì 10 marzo. Il cambio di preposizione non faceva certo dimenticare – anzi, l’accostamento era decisamente voluto – il “Tutti a casa”, capolavoro registico di Luigi Comencini e attoriale di Alberto Sordi del 1960. Significativa, la data del film di Comencini. Con il 1960 finiva il lungo dopoguerra italiano e si apriva la pagina di un’altra Italia, quella del miracolo e dell’impetuosa crescita industriale. E quel film, che si concludeva con Sordi, antieroe italiano per eccellenza, sulle barricate delle quattro giornate di Napoli a sparare sui Tedeschi dopo l’umiliazione dell’8 settembre, istituiva un parallelo con un Paese che aveva finalmente ritrovato la propria strada. Funzionò insomma come un inno al ritrovato orgoglio nazionale, del quale ci sarebbe oggi un bisogno smisurato: per ritrovarlo non più e non solo nella risorsa della creatività e della fantasia italiane ma, per una volta, nel coraggio civico della disciplina e dell’obbedienza alle regole. 

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