Senza vescovo. Alcune domande, Opinione del 19 settembre

Sono quasi completamente archiviati i postumi di sorprendenti dimissioni, con ben tre sfoghi personali dell’Interessato (durante sacre celebrazioni!), che hanno provocato l’applauso degli uni e lo sconcerto degli altri, a testimonianza della grave frattura prodotta in sette anni di governo. La diocesi ora è chiamata a riflettere su una questione ben più seria, anzi di rilievo storico. Come ha fatto intendere chiaramente “don Erio”, l’Arcivescovo Castellucci amministratore apostolico pro-tempore, la comunità ecclesiale locale nei prossimi mesi dovrà chiedersi: fondersi con la consorella diocesi di Modena o continuare in autonomia? Di fronte alla delicatezza dell’alternativa, sembra indispensabile evitare condizionamenti che poco hanno a che fare con la “sostanza” , cioè con la capacità di una diocesi di corrispondere a quella richiesta di vitalità missionaria, che viene indicata come essenziale oggi da papa Francesco. Chi, ad esempio, lamenta che senza Vescovo residente Carpi perderebbe prestigio e notorietà o ritiene che solo se il pastore è vicino il gregge produca buona lana, non accampa motivazioni pertinenti con la finalità propria di una simile opzione. Qui non si tratta primariamente di preservare o meno un residuo storico-spirituale per dar lustro a una città. E d’altronde Pavullo, Sestola e Finale Emilia distano da Modena ben più di Carpi., senza che ciò comporti una più gracile loro religiosità. 

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