La pelle non mente

Novecento italiano, letterario, giornalistico e cinematografico, non ha lesinato forze nel tentativo di classificare gli esseri umani, e in particolare gli abitanti della penisola. Una delle tassonomie forse più conosciute, indubbiamente efficace, fino a diventare proverbiale e favorire la nascita di neologismi, è stata quella che Leonardo Sciascia ha messo in bocca a don Mariano Arena, impunito uomo di mafia, al cospetto del capitano Bellodi, protagonista (sconfitto) de Il giorno della civetta. Ascoltiamolo: “Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà. Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, ché mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini. E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi. E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito. E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, ché la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre”.

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