Giro girotondo, rubrica Micromega

Allora, pare che alle 12.30 circa del 14 aprile 2019 la trinità di riferimento della religione contemporanea, quella dei social network, abbia dato segni di cedimento. Facebook, WhatsApp e Instagram, per almeno un paio d’ore, sono stati inutilizzabili in buona parte dell’Europa, determinando manifestazioni di disagio psichico e turbolenze collettive che solo gli analisti più raffinati saranno in grado di raccontarci fra qualche settimana o mese. Gli eventi traumatici riguardanti il mondo della rete, infatti, sono oggi l’equivalente dei disastri naturali dell’antico regime o dei black out metropolitani dell’età moderna: possono condizionare nascite e morti, suicidi e gravidanze, tassi di criminalità e propensione delle persone ad ammalarsi, e così via. La collocazione domenicale del crack ha attenuato sicuramente l’impatto economico del disservizio, senza considerare che l’orario stesso della sospensione dei tre social, all’altezza del pranzo, ha certamente mitigato le ripercussioni morali e materiali di tale imprevisto. Non è difficile, tuttavia, immaginare, qua e là, in giro per l’Occidente civilizzato, episodi anche gravi di alterazione dell’umore, un aumento aggregato dell’aggressività e diffuse crisi di ansia, soprattutto fra gli adolescenti reali e i cinquantenni nostalgici dell’età puberale, ovvero le due categorie notoriamente più a rischio di dipendenza, crisi di astinenza e conseguente svalvolamento causato da abuso di chat e consimili. 

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