«“I ragazzi del partito”: così il popolo dei nostri ex comunisti chiama da sempre i propri dirigenti e funzionari, come se la politica non sia un'occupazione degna di persone formate e mature, ma un gioco per adolescenti. Pressoché vano e sterile, come il leggere, lo scrivere e il pensare». Lo richiamava nel 2008 Gianfranco Imbeni nel suo Il senso di Carpi per la politica ripubblicato nel volume "Di penna e di parole”. Nonostante la nozione stessa di dirigente e funzionario sia divenuta nel frattempo del tutto inattuale, resiste tuttora quel senso di levità che, al di là dell'aggressività dei discorsi, hanno sempre fatto posporre la politica, nei valori correnti della città, a concretezza e laboriosità e ai sogni di opulenza e benessere. Un gioco un tantino adolescenziale e per sfaccendati, insomma, mentre le cose serie si facevano altrove. A questo vien da pensare, constatando lo zero assoluto di reazioni nel Pd locale, circa i sommovimenti romani. Al cui confronto, persino una consultazione sulla piattaforma Rousseau assurge ad altissima prova di democrazia modello Atene.