Motti, Metacarpi del 7 novembre

Prendete questa frase, pronunciata dall’aspirante premier Matteo Salvini: “Un operaio dell’Ilva vale dieci volte Balotelli. Non abbiamo bisogno di fenomeni”. E analizzatela: chi dice che non si possa essere, contemporaneamente, critici per i buu razzisti a Balotelli e preoccupati per gli operai dell’Ilva? O che Balotelli debba essere considerato “fenomeno” più del dramma della disoccupazione? Alla fine, solo lui, al quale lo staff deve aver consigliato di innescare l’ennesimo corto circuito logico, la contrapposizione “neri coccolati” contro “italiani impoveriti” che farà discutere i social e i bar di tutt’Italia più di mille scandali russi e rimborsi elettorali finiti chissà dove, per un bel pieno di consensi. Aspettiamocelo così, se sarà premier. Altri si occuperanno a modo loro degli affari che contano. Ma lui passerà il tempo – come già si è visto – tra bagni di folla e ad appiccare incendi d’opinione con semplificazioni dialettiche. Negli stessi modi di quell’altro, che mentre nel Paese i contadini facevano la fame, dettava sui muri che l’aratro scava il solco, ma è la spada che lo difende.

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