Metacarpi, maggio 2021

Ci siamo crogiolati per decenni con i “valori depositati” che ci porterebbero inevitabilmente a intraprendere nella manifattura. Ci siamo compiaciuti per secoli del carpeggiano cervello con il quale frate Guglielmo Maggi connotava una nostra, presunta propensione a inventare. Abbiamo sorriso soddisfatti con Guglielmo Zucconi che attribuiva ai colpi di sole ricevuti nell’attraversare una piazza troppo grande il tocco di follia alla base della nostra disposizione al rischio. Bene: a fronte dei dati impietosi sulla nostra economia emersi già prima del Covid, è tempo di voltar pagina e di scordarci certa mitologia carpigiana. E di prendere atto che non c’è tradizione creativa e produttiva o nativa alacrità che possano dischiuderci prospettive.

Serve solo una sincera presa d’atto che occorrono piuttosto iniziative da fuori, una demografia rafforzata dagli stranieri, una infrastrutturazione moderna come il cablaggio in corso, una disponibilità al servizio finora sconosciuta, un’attenzione alla bellezza pubblica. Fuori ci chiamano “fagiani”, ma quando si arriva nudi alla meta, la cosa più utile è abbassare le penne.