Esistenze, Metacarpi del 7 maggio

Siamo ben bravi: la cosiddetta Fase Due la stiamo vivendo come la liberatoria finale, altro che momento di verifica e passaggio. Basta guardarsi intorno in queste giornate inondate di sole nelle quali sono tornati suoni e rumori, le vie ad affollarsi, il rombo lontano del traffico sull’Autobrennero a farsi sentire. Ci sono ancora scuole, spettacolo, sport e turismo a separarci dalla normalità totale. Temi complessi, meritevoli di discorsi a parte. Qui vogliamo invece soffermarci sulla perdurante chiusura dei negozi non essenziali, degli esercizi pubblici e dei servizi alla persona. Non si capisce perché il sacrosanto appello alla responsabilità senza la quale non c’è misura o cautela o distanziometro che tenga per evitare ricadute, non debba valere per queste attività. Si teme il lassismo degli Italiani? Ma perché questo timore deve sussistere per un barbiere o un bar o un negozio con ingressi regolati e non per un autobus nell’ora di punta? Serve tempo, si dice: ancora qualche settimana. Ma per molti è il confine tra l’esistere ancora e il non esserci più.

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