La Bibbia è ricca di brani che raccontano episodi di ospitalità, presentati come quell’atto di accoglienza dell’altro che rivela la stessa fede in Dio. Per il cristiano, infatti, l’accoglienza dell’ospite è un dovere che permette di intravedere, in ultima istanza, dietro al volto delle persone fisiche, la presenza stessa di Dio. Non solo amici e correligionari, ma anche sconosciuti e stranieri devono essere ospitati da coloro che si sentono cristiani. Mi piace ricordare lo scontro di Gesù con gli scribi e i farisei. Gesù rinfaccia ai suoi avversari di aver dato vita a una religione di facciata, preoccupata delle apparenze e della tradizione. Scribi e farisei usano la religione per l’affermazione di sé stessi, non per il bene del popolo di Dio; essa dà loro un certo prestigio, un ruolo sociale, permette di minacciare e di blandire, di esibire in certi comizi il rosario o il vangelo, di chiedere obbedienza e sottomissione. Le loro parole sono di solito, parole di consevazione, non di conversione e di speranza. Soprattutto sono parole cariche di ipocrisia, di doppiezza. L’ipocrisia è infatti, fondamentalmente, un uomo che recita, che ama la pubblicità, che valorizza più l’esterno che l’interno.
30 Gennaio 2019
Accoglienza: atto rivelatore della fede in Dio
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