Il senso della Pasqua nei giorni del contagio

ll 12 aprile è Pasqua, la  vittoria della vita sulla  morte, la speranza per  ogni credente, anche in questo  triste periodo di sofferenza.  Sarà una Pasqua del tutto  particolare. “Voglio l’amore,  non il sacrificio’’ (Os.6.6): Gesù  riprende queste parole del  profeta Isaia, donandole a coloro  che osservano sì i comandamenti,  ma non con e per  amore. Il mistero della Croce  esprime in sé il dolore del  mondo, va certo al cuore del  messaggio cristiano, anche se  sostanzialmente rimane mistero.  Un mistero che ha avuto  e ha diverse interpretazioni e  significati nella teologia e nella  spiritualità. Senza entrare  in questa complessa e indefinita  realtà, ci si può domandare  che cosa possa concretamente  comportare a livello  di vita comune di un semplice  fedele laico questo aspetto  fondamentale della testimonianza  di Gesù. Premesso che,  anziché di Croce come si dice  correttamente, secondo me  sarebbe più giusto parlare di  Crocefisso, persona concreta  e reale, si ha l’impressione che,  sulla base della predicazione  corrente, si consideri prevalentemente  l’aspetto negativo,  il dolore e la passione profonda  della Croce, fino al punto  di ridurre la portata della Resurrezione,  la Pasqua. Il messaggio  di Gesù, nonostante, le  contraddizioni, le debolezze,  i tradimenti nel corso della  storia, ha attraversato i secoli  giungendo fino a noi e quindi  ora diventa responsabilità  anche nostra testimoniarlo e  trasmetterlo. Ma nella quotidianità  che cosa ci dice il Crocefisso?  In fondo esso non risolve  il problema del male che,  in vario modo, tutti sperimentano,  purtroppo lo vediamo in  questi giorni.  Intanto pare necessario ricordare  che prima della Croce  propriamente detta, Gesù  sperimentò con la sua famiglia  trent’anni di vita comune.  Tre anni fece il missionario  del suo messaggio con alti e  bassi che solo alla fine lo portò  in Croce. Ecco allora che non  appare giusto caricare della  sofferenza vera e propria tutta  una vita. E cosi vale anche  per l’uomo. È sufficiente l’impegno  per vivere le gioie e non  solo le sofferenze quotidiane  in un determinato modo, cioè  con un atteggiamento positivo  di chi accoglie la vita  come dono reale da parte di  chi disse: “Sono venuto perché  abbiate la vita e l’abbiate in  abbondanza”. Dio è amico della  vita prima di tutto. La vita  ha in sé la sue “prove” senza  andarle a cercare. E allora? Il  mistero del dolore (la Croce)  non richiede tanto una risposta  intellettuale ma il problema  del male si sposta su come  viverlo, sopportarlo, combatterlo,  superarlo se possibile.  Guardando il Crocefisso esso  può insegnare come le vicende  difficili possano essere vissute  in un determinato modo, con  paziente fortezza, con speranza  e infine come adesione alla  nostra realtà di persone condizionate  nel tempo, cioè limitate  nel passaggio della vita  umana concreta, ma aperte  all’abbraccio finale del Risorto.  La grande disponibilità di  tanti medici, di tanti volontari  di tante persone che aiutano  in questo terribile periodo,  non è solo una risposta all’amore  verso il fratello e la speranza  nel messaggio della Pasqua  che fa scoppiare la solidarietà  tra di noi. È la risposta  lampante a chi erge muri di  odio e che così viene sconfitto  clamorosamente dai fatti.

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