Ballo di famiglia, di David Leavitt

David Leavitt, scrittore e professore di Scrittura Creativa all’Università della Florida, è famoso per l’ironia e la profondità spesso amara che caratterizzano i suoi romanzi, in cui vengono messe a nudo non solo le debolezze e le ipocrisie dei personaggi, ma anche la loro solitudine di fronte a un mondo che fatica a comprenderli. Dopo il successo del romanzo Il decoro (2020), che consiglio, la Società Editrice Milanese sta pubblicando tutte le opere dello scrittore e quest’anno è la volta dei racconti, con la nuova traduzione di Fabio Cremonesi. Sono storie che Leavitt ha scritto quando aveva poco più di vent’anni, imponendosi immediatamente come il portavoce di una genera-zione sfortunata e fragile che a causa della situazione politica, del numero crescente dei divorzi e dell’insoddisfazione personale, era “scettica e in lutto”, incapace quasi di trovare uno spazio e un luogo sicuro in cui esprimere se stessa.

 

Sono dieci storie malinconiche e spesso inquietanti popolate da separazioni difficili in cui uno dei due continua ad amare senza rimedi, da ragazzi che fanno i conti con la propria omosessualità, con l’amicizia e la fiducia negli altri che appaiono quasi isole impossibili da raggiungere, da donne appesantite dai chili di troppo, da un’insoddisfazione che risale all’infanzia, dalla malattia che fa scoprire loro un mondo quasi parallelo, da bambini che si sentono esclusi, alieni in famiglie distratte, isolati da compagni di scuola eternamente nascosti dietro i guantoni da baseball. C’è chi, disperato, si getta ogni giorno in una tristissima recita di una vita felice, come la caustica e antipatica Lysette, grassa e arrabbiata, che scoppia a piangere mentre i suoi parenti a una festa in giardino ballano ridendo tutti insieme nel racconto che dà il titolo alla raccolta. C’è chi cerca un modo qualunque per sopravvivere, per aggrapparsi a chi se ne è andato, o chi finge un’amicizia che non prova, un amore che non sente, pur di tamponare il vuoto che lo opprime. La precarietà e il bisogno disperato di affetto e soprattutto di comprensione sembrano affliggere i protagonisti e in modo particolare le protagoniste di queste storie: lo scrittore è bravissimo nel descrivere situazioni e ambienti, nel penetrare i pensieri e le emozioni. Come scrive lui stesso nell’introduzione: “Insomma, ho continuato a scrivere racconti. Pensavo alla disperazione, e pensavo a come descrivere la disperazio-ne in un’opera narrativa senza mettere in fuga il lettore. Tentavo di capire cosa mi facesse amare i racconti che amavo. Si trattava di un processo malcerto, di solito vivace, spesso frustrante, solo qualche volta aggraziato”.