Tutto un frusciare di ruote in città, in Cornice del 26 settembre

La ruota, non quella a propulsione discussa e incriminata, quella sotto osservazione di Co2: no, quella spinta dalla forza naturalmente umana, quella ecologica, quella antica. E molte se ne vedono di ruote con le loro applicazioni se si sta sedute a fare una colazione nella mezz’ombra dell’ombrellone aperto in corso Alberto Pio. Che, anche se non siamo ad Amsterdam, pure siamo in mezzo alla nostra pianura dove la ruota scorre facile, non in un’isola o sulla montagna. Vanno in su e in giù per accelerare il ritmo della passeggiata. Ci vuole poi una abilità aggiuntiva a stare all’ordine “biciclette al centro della strada”. L’avete capita che di fianco, sui sassi grossi e lucidi, non si riesce ad andare. Così, invece, si va a doppio senso di circolazione sui trenta centimetri dello scolatoio liscio e incavato. Scartare, frenare, tenere l’equilibrio. Guai alla tentazione di passare sotto il portico marmo lucido e protetto quando piove. Già: si potrebbe giudicare il grado di integrazione nella nostra società dalla capacità di andare in bici. Altro che test della conoscenza della lingua o della Costituzione. Sei straniero o straniera se non ci sai andare, in equilibrio su due ruote. Così scatta il primo stupore, i tricicli non per disabili, ma per persone che non si sentono sicure a stare, magicamente, in bilico. Il primo step di autonomia, infatti, per noi piccoli, è stato quando ci hanno svitato le due ruotine di supporto: allora siamo diventati grandi. Tante biciclette e tante categorie.

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