Nei muri del centro il terzo tempo di Carpi, In cornice del 24 ottobre

È il primo atto della giornata, uscire, vedere le stesse cose, scegliere quale delle quattro strade che escono dal portone di casa potrebbe essere quella da percorrere. Certa di quello che incontrerai e che vorrai vedere. Naturalmente parlo di una pensionata che si prende il lusso di avere questi pensieri. Non di un lavoratore che si scapicolla la mattina per andare a lavorare. Anche io feci la mia parte prendendo mezzi diversi: treno, bicicletta, macchina, con tutta l’energia che allora avevo e che adesso non ho più, solo quel poco che mi permette di rimuginare nel cervello a ruota libera. Dalla parte di viale Carducci no. Non si vada là per nessuna meta, nessun interesse per i negozi a margine del centro: le capsule del caffè, gli integratori per gli sportivi, la ferramenta, nessuna vetrina da scrutare. E poi le foglie, le foglie cadute a mucchi sulle macchine, per terra, e la gente impegnata in quella impresa impossibile di raccoglierle in sacchi e farle portare via. E poi quei soffioni, più giocattoli che mezzi, fastidiosi di rumore e polvere. Come se si potesse raccattare tutto il lavoro della primavera e lucidare i rami spogli e ordinati per le gemme nuove. Di là no. Di qua poter guardare su e vedere se il cantiere del palazzo ha finito di rifare l’attico; se la vicina di casa è tornata dalla sua città natale della Spezia; se, dopo tanto tempo di deserto è pronto il nuovo esercizio di fronte a casa. Sushi, dicono i cartelli e si prevedono assembramenti, lamentele condominiali, scommettiamo. 

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