I 130 anni di Dorando: una città distratta l’ha dimenticato l’ha dimenticato

Era piccoletto, non particolarmente vigoroso e molti, anzi quasi tutti, non avrebbero scommesso un soldo bucato su di lui. Eppure, ancora oggi, centotrenta anni precisi dalla sua nascita (vide la luce a Mandrio di Correggio il 16 ottobre del 1885), lui, il piccoletto dalle gambe d’acciaio, Dorando Pietri, è il maratoneta più citato della storia, secondo solo a quel Fidippide che da Maratona ad Atene, diede non solo il fiato ma anche la vita per annunciare la fragorosa vittoria dei Greci sui perfidi Persiani invasori nel 490 avanti Cristo. Su Dorando sono stati versati fiumi d’inchiostro e ogni occasione è buona per riprendere il filo della sua leggenda: la sua mancata vittoria alle Olimpiadi di Londra del 1908 è un classico della letteratura sportiva da più di cento anni a questa parte. Non c’è Olimpiade moderna, per l’appunto dopo quella di Londra del 1908, che non annoveri un maratoneta che, arrivando trafelato al traguardo, non risvegli l’eco di quella tragica giornata del 24 luglio 1908 quando, allo stadio londinese, Dorando arrivò più morto che vivo e, sorretto, tagliò con le ginocchia piegate dallo sforzo un traguardo che sarebbe rimasto per sempre suo anche se la squalifica gli tolse dal collo l’oro olimpico. Dopo di lui Abebe Bikila a Roma nel 1960, poi ancora Stefano Baldini nel 2004 ad Atene, altri momenti di gloria legati a questa specialità, la maratona, che sarà pur sempre di Dorando. Eppure, anche se l’atleta de “La Patria”, con i suoi braghettoni rossi, rimane intramontabile, nella sua Carpi il centotrentesimo anniversario della nascita è passato un poco in sordina. Certo, non era una ricorrenza “rotonda”, come il centenario di Londra celebrato nel 2008 con un programma di iniziative degne di un re, con eventi capitolini e londinesi di altissimo livello, con tanto di francobollo celebrativo emesso in sei milioni di esemplari e via di questo passo. Ma, visto che per celebrare degnamente il maratoneta carpigiano con un anniversario di tale tipo occorrerebbe attendere una generazione almeno (i cento anni dalla morte ricorreranno nel 2042, i centocinquanta dalla nascita nel 2035, i centocinquanta dalla maratona di Londa, addirittura nel 2058), forse uno sforzo organizzativo e d’immaginazione si poteva anche tentare. C’è però da ammettere che il rapporto fra Carpi e il “suo” Dorando (che peraltro, è tanto carpigiano quanto correggese) è sempre stato piuttosto schizofrenico: le cronache e le immagini fotografiche riportano chiaramente i bagni di folla che il maratoneta suscitò in città al ritorno dalle sue avventure sportive e tuttavia fra i Carpigiani il povero Dorando Pietri non ebbe buona fama: oggetto satirico delle vignette di Nando Miselli e delle frecciate ironiche dei suoi concittadini, non fu aiutato nel suo lavoro di albergatore (prima) e di conducente di vetture turistiche (poi). I suoi compromessi con il fascismo della prima ora (da cui si affrettò poi a prendere le distanze), non gli furono d’aiuto nei momenti buoni del consenso e non gli portarono simpatie fra i suoi concittadini tanto che è a Sanremo che riposano le osse stanche di Dorando e nessuno ha mai alzato la voce per riportarle a Carpi. D’altra parte Dorando ha speso una vita intera per correre da solo, per arrivare da solo splendidamente al traguardo. Una vita solitaria, di corsa. Centotrent’anni dopo però avrebbe meritato di essere ricordato almeno un momento, in un momento di riposo, fra una maratona e l’altra. 

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