Dal grembiule ad Harry Potter: un tema sempre attuale

La scuola e la divisa

LA SCUOLA E LA DIVISA

 

Quando ero bambina, andare a scuola voleva dire prima di tutto infilare il grembiulino nero col colletto bianco – mia mamma ne aveva recuperato una serie di bellissimi fra i pizzi della nonna – e annodare al collo il fiocco,  rigorosamente rosa come quelli delle trecce. Allora non la chiamavamo divisa, ma tutti la indossavamo, maschi e femmine, i ragazzi più grandi una specie di casacca, alle scuole elementari, solo le ragazze alle medie e nel biennio delle superiori. Conservo ancora le foto di mia madre al liceo negli anni Trenta, quando anche i maschi portavano un bel grembiule nero e lungo come le poche ragazze.

I miei bambini hanno utilizzato un grembiulino colorato con buffe applicazioni all’asilo e uno nero alle scuole elementari, poi più nulla, solo i loro  vestiti normali. Adesso quasi nessuno usa più il grembiule, se non per attività particolari, magari a scuola si va in tuta per essere più comodi. Solo alcune maestre, forse affezionate al passato, in alcune classi elementari richiedono che i bambini utilizzino grembiulini rosa e azzurri. 

Eppure proprio in questi anni è ritornata di attualità la questione della divisa nelle scuole, sicuramente anche per la presenza di ragazzi stranieri che a volte indossano abiti particolari o per la corsa ad abiti  e accessori firmati e decisamente costosi o assolutamente fuori luogo durante le attività scolastiche. Anche la moda di esibire parti del corpo, che possono diventare fonte di distrazione per i compagni durante le lezioni, ha dato sicuramente una mano a ridiscutere il problema. Inoltre serie televisive, film – non ultime le pellicole che hanno come protagonista Harry Potter e la sua scuola di magia – e fiction, dove compaiono ragazzi rigorosamente in giacca e cravatta e ragazze con la divisa della scuola, hanno dato il loro contributo.  

Da tempo ogni istituto scolastico nel proprio regolamento ha precise indicazioni sulle caratteristiche che deve avere l’abbigliamento scolastico e tutti hanno magliette e tute con il logo della scuola da indossare nelle competizioni sportive.

Sicuramente un abbigliamento che caratterizzi il proprio  istituto, crea appartenenza e legame, in un qualche modo ci identifica; dall’altro comunque limita la nostra possibilità di esprimere gusti e preferenze, sicuramente uniforma, riduce le differenze, rende più uguali.

Un problema non trascurabile delle divise è il loro costo, oltre al fatto che certamente non se ne può possedere una soltanto, ma ne servono almeno un paio per cambiarsi, in un’età oltretutto in cui i ragazzi crescono e cambiano misure ogni paio di mesi.

Quando dovevo riprendere i ragazzi per un abbigliamento troppo provocante o li trovavo a deridere un compagno straniero vestito con i suoi abiti tradizionali ho davvero pensato che un’uniforme avrebbe potuto risolvere il problema, magari anche una semplice maxi t-shirt,  uguale per tutti, da sovrapporre ad un ombelico scoperto o ad un paio di pantaloni orientali. 

Poi però mi sono detta che il senso di appartenenza ad un’istituzione si crea in modo più stabile con il lavoro condiviso e i comportamenti dei ragazzi potevano cambiare in modo più duraturo con il confronto, la discussione quotidiana, il crescere insieme.