Avessimo letto e studiato Iliade e Odissea come ha fatto Sylvain Tesson, scrittore, gran viaggiatore e giornalista francese, certo ci saremmo goduti moltissimo e avremmo ancor di più amato Omero e i suoi eroi, i versi indelebili a prova di senescenza "Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l'ira funesta, che infiniti addusse lutti agli Achei" mai più dimenticati insieme a “il mare color del vino" (io mi figuravo Lambrusco con tanta schiuma...) nonché "purpureo" "terribile" e la "terra datrice di messi" nonché "Giunone dalle belle braccia" e "Achille pièveloce". Il nostro Sylvain racconta che si è segregato per un mese nelle Cicladi (non male come idea, vero? in tempi di pandemia) "...ho vissuto in una piccionaia sull'isola di Tinos, di fronte a Mikonos, affacciata sull'Egeo. Una civetta frequentava assiduamente la scogliera vicina. Le sue grida squarciavano la notte (...) leggevo l'Iliade e l'Odissea alla luce di una lampadina alimentata da un generatore (...) bisogna starsene per un po' su uno scoglio come quello per comprendere da dove abbia tratto origine l'ispirazione di un anziano poeta cieco, come un neonato allattato di luce, schiuma e vento".
Seduzioni omeriche nella poesia di Sylvain Tesson - Angolo di Poesia su Voce digitale del 27 agosto
Tesson, dopo lunghi e lunghissimi viaggi in bicicletta ha già sperimentato periodi di isolamento in luoghi estremi, come la taiga siberiana; sei mesi che hanno prodotto "Nelle foreste siberiane” (2010, vincitore del Premio Medicis 2011, pubblicato in Italia da Sellerio). Un uomo solo di fronte alla natura, dunque, una esperienza radicale, un esperimento di se stesso e una riflessione sulla condizione umana che continua anche nella luce abbagliante di Grecia. Iliade e Odissea sono un "diario del mondo, ci rivelano che, in fondo, nulla cambia sotto il sole di Zeus: l' uomo, animale grandioso e miserabile, illuminato e mediocre, resta fedele a se stesso" e avrebbe già tutto...come rappresentato sullo scudo forgiato e ornato da Efesto per Achille, pièveloce gran guerriero:
Vi scolpì la terra ed il cielo ed il mare,
Il sole che mai non si smorza, la luna nel pieno splendore
E tutte le costellazioni, di cui s'incorona il cielo,
Le Pleiadi, le Iadi, la forza d' Orione
E l'Orsa, detta anche Carro per soprannome...
......
vi scolpì due belle città di uomini mortali
Nella prima si celebravano nozze e banchetti
Portavano le spose dalle loro stanze alla rocca
Con le torce accese, dappertutto echeggiava l'imenèo
Giovani danzatori volteggiavano e in mezzo a loro
Suonavano flauti e cetre...
.........................
Altra gente si accalcava in piazza: lì era sorta una lite
Due uomini erano in causa riguardo all'ammenda
Per una persona uccisa; l uno diceva di aver tutto pagato
Giurandolo davanti al popolo, l' altro negava di aver ricevuto.
Si rimettevano entrambi ad un giudice, per aver la sentenza.
L'uno e l'altro acclamava la gente, in due partiti;
Gli araldi tenevano indietro la folla; mentre gli anziani
Sedevano su pietre lisce, nel cerchio sacro ,
E stringevano in mano gli scettri degli araldi dalla voce potente
Poi con questi si alzavano e giudicavano a turno.
Stavano al centro due talenti d' oro,
Da consegnare a colui che desse giudizio più retto. (Iliade,XVIII, 478- 508)
A parte gli anziani che nessuno interpella più...e che, forse, speriamo, stanno seduti più comodi...
Ulisse, dal canto suo, confida ai Feaci:
Non c'è
Non sono io a dirlo, evento più gradito di quando
Su tutto il popolo la gioia della festa si diffonde,
E per la casa i convitati ascoltano attenti l'aedo,
Seduti ordinatamente, e accanto i tavoli abbondano
Di pane e di carne, e dal cratere il vino attingendo
Il coppiere intorno lo porta e nelle coppe lo versa.
Questa a me sembra nel cuore la cosa più bella (Odissea, IX, 4-11 )
Come non essere d'accordo...? "Ma chi è questo uomo dei paradossi – continua Tesson – ama l'avventura, ma desidera tornare a casa, è curioso di conoscere il mondo ma ha nostalgia di Itaca, non disdegna le Ninfe ma piange l'assenza di Penelope (...) combattuto tra opposte tensioni, Ulisse sei tu, lettore, sono io, siamo noi. Ulisse è nostro fratello. Il genio di Omero traccia nei suoi canti i contorni dell'uomo. Nulla è mutato da allora ".
Il dolce ritrovarsi
Donna, di tante prove ormai ci siamo saziati
Tutti e due: tu qui in casa il mio travagliato ritorno
Piangevi, e me Zeus e gli altri dèi dolente mi trattenevano
Lontano dalla mia terra patria e verso di essa proteso.
Ma ora che tutti e due abbiamo raggiunto il nostro amato letto,
In casa occorre prendersi cura dei beni che possiedo.
E per le greggi che i pretendenti superbi mi consumarono,
Molte io da me stesso le prederò , e altre gli Achei
Mi daranno, finché tutte le stalle non mi abbiano riempito (Odissea, XXIII, 350-358)
Eh, non male come attaccamento alla "roba", da Omero a Verga, e noi...no? Osservazioni sugli dèi, il destino e la libertà nonché la guerra, che nessuno vuole e che invece tutti fanno...ma guarda un po'... La moderazione, la misura, il limite, non devono mai essere superati: ogni eccesso sarà foriero di sventura: "tutti espìano la hybris, tutti, abitanti dell'Olimpo, pacifici contadini o guerrieri dall'elmo splendente devono ricordare che la vita è niente senza la misura". Omero, tu ci hai provato a spiegarcelo. Chissà se capiremo e impareremo mai.