Il senso del concorso di idee bandito dal Comune di Carpi

E’ finito il tempo delle porte spartitraffico

Una riflessione sulle porte di Carpi, ci sta, nel nostro tempo. Perché ogni tempo ha lasciato una propria impronta, sulle porte di Carpi, tranne il nostro. Basterà ricordare che l’assetto attuale – e intendiamo quello che ha ricavato negli spazi “liberati” delle porte storiche i piazzali Dante, Marconi e Ramazzini – è stato ereditato da progetti e lavori realizzati più di cinquant’anni fa, in tutt’altra temperie culturale e politico-amministrativa. E se oggi quegli assetti appaiono una sorta di fossile residuale che relega i tre piazzali alla condizione di “non luoghi” è perché all’epoca in cui furono pensati e realizzati la ragione fondante si identificava completamente in un simbolo e in una funzione che oggi hanno perduto ogni valore. Il simbolo era l’automobile e la funzione quella di farle largo a tutti i costi, non fermandola certo, com’è nella sensibilità odierna, alle porte della città antica, ma aprendole in pratica l’intero centro storico. 

 

E’ molto prezioso, al riguardo, il saggio di Emma Francia “Desiderio di città. La crescita urbana di Carpi nel secondo dopoguerra” (in Carpi dopo il 1945, Roma 2005) in cui l’autrice, per la parte che riguarda la considerazione della città antica da parte del primo piano regolatore del 1967, quello noto come Piano Airaldi dal nome del suo autore, scrive: “Rispondendo ai problemi della mobilità e andando nella logica del trasporto automobiliustico privatistico, secondo la quale la città (…) deve adeguarsi e ricavare lo spazio necessario al forte incremento dei veicoli, Airaldi ritiene indispensabile intervenire attraverso progetti di riassetto viario”.

A riassumerli, questi progetti, c’è di che chiedersi, oggi, come potessero perfino essere concepiti: allargamento di via Nova e via Battisti, sistemazione di piazzale Ramazzini, creazione di un non meglio precisato asse parallelo a corso Alberto Pio “con il compito di decongestionare quest’ultimo e conservargli la sua caratteristica ambientale”. Scrive sempre Emma Francia: “Anche le piazze, quale piazzale Bertesi e, soprattutto, piazza Martiri dovranno modellarsi secondo il nuovo uso, il parcheggio automobilistico, che si renderà sempre più indispensabile; l’arredo della città storica sarà in funzione di questa nascente realtà, con la presenza di semafori, di aiuole spartitraffico, della segnaletica e dell’illuminazione lungo le strade asfaltate”.

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on ci vuole molto, a ca- pirlo. Basta una veduta dall’alto: quegli spazi hanno bisogno di essere ripensati. E va dato atto a questa Amministrazione comunale, specie in un momento difficile come l’attuale, di non essersi tirata indietro, aprendosi invece a una sfida importante». Lo dice Giovanni Gnoli, architetto, dal 2000 Dirigente del settore Restauro e conservazione del patrimonio immobiliare artistico e storico del Comune di Carpi. 

E’ lui il padre, diciamo così, del bando che ai primi del febbraio scorso ha lanciato un concorso di idee per la riqualificazione degli spazi nati dall’abbattimento delle storiche porte Barriera, Modena e Mantova e che fino a poco più di un secolo fa rappresentavano la barriera fisica che definiva il dentro e il fuori della città. Lui però, l’architetto, tiene anche a ricostruire una sorta di continuità e necessità amministrativa dell’idea: «L’assessore Simone Morelli – sottolinea – aveva ricevuto una precisa eredità da Lella Rizzi che lo aveva preceduto nella delega al centro storico. Mi riferisco all’operazione iniziatasi con la realizzazione della T, costituita all’asse piazza Garibaldi, corso Alberto Pio, piazza Martiri, innestato nei corsi Fanti e Cabassi. Di quella operazione, il bando per riprogettare le porte è la prosecuzione ideale. Senza dimenticare un’altra eredità, quella del terremoto e del momento di crisi per tutto il centro che ne è seguito e che lo ha indotto a promuovere qualche cosa che avesse anche un preciso riscontro nel piano degli investimenti». 

In sé, contenuti e obiettivi del bando sono abbastanza semplici e già entrati nelle cronache cittadine. Ci si rivolge a ingegneri e architetti di nazionalità italiana e di età inferiore ai 45 anni per ottenere proposte di connotazione e valorizzazione delle tre porte che non siano solo di natura architettonica. 

Potrebbero consistere, cioè, anche in suggerimenti di arredo urbano, di installazioni artistiche, di sistemi di illuminazione su scala urbana, di un uso spettacolare della luce, fino alla proiezione di immagini sulla superficie delle costruzioni esistenti, sul modello delle spettacolari operazioni di video mapping sperimentate nelle ultime due kermesse natalizie sulle parte del Castello e della Torre dell’Orologio. L’operazione, che lo stesso Morelli ha incorniciata nella definizione di “ricerca della bellezza, del decoro e della funzionalità”, verrà a scadenza il 30 aprile prossimo. Una commissione di docenti universitari e liberi professionisti assegnerà un premio al primo classificato e due rimborsi spese al secondo e al terzo, per ognuna delle tre porte. I disegni o quant’altro i candidati riterranno di produrre per illustrare le proprie idee saranno poi esposti e resi visibili a tutti nell’atrio vetrato dell’ex sede del Tribunale, sul lato di viale Carducci.

«Potevamo rivolgerci a urbanisti o ingegneri esperti della viabilità – riprende Gnoli – puntando semplicemente a risolvere problemi di circolazione, che pure esistono. Abbiamo preferito aprirci a culture non precostituite e a progetti di novità che mettessero in gioco idee di arredo urbano molto dinamico, di mezzi di proiezione, di architetture mobili e, in generale, di sostegno all’ideazione di spazi che avevano connotazioni storiche molto precise.  E’ per questo che il bando è indirizzato prima di tutto a dei giovani progettisti collocati in proiezione futura, con l’intento di puntare decisamente al bello. Noi – sottolinea – siamo in fondo solo esecutori e gestori della macchina pubblica, ci atteniamo nel nostro lavoro a scelte precostituite, dettate dalle caratteristiche del patrimonio immobilare storico del Comune. Il bando, invece, vorrebbe dischiudere a una freschezza progettuale e a una libertà di azione che non possono essere nostre».

Qualche punto fermo, verrebbe da obiettare all’architetto, esisterà pure nelle intenzioni dell’Amministrazione comunale e negli uffici che lui dirige, quanto meno per evitare il rischio di ritrovarsi con una serie di elaborazioni fantasiose, destinate come è avvenuto in passato a finire in un cassetto: i progetti per il campo di Fossoli e quelli promossi a suo tempo dalla Fondazione Cassa Carpi per ripensare intere parti della città, sono lì a ricordarcelo. «Il rischio – risponde Gnoli – va calcolato tenendo presente un impegno di spesa complessivo di 40 mila euro, dai quali, a giudicare dalle richieste di informazioni che continuano ad arrivarci, ci aspettiamo non meno di un centinaio di progetti». L’aspettativa, dunque, è che il bando offra alla fine una grande possibilità di scelta, anche depennando le soluzioni più ardite e fantasione: soluzioni che le stesse richieste di dati e materiali di documentazione da parte degli aspiranti al premio dovrebbero garantire sotto il profilo della concretezza e della realizzabilità. Nello stanziamento, poi, è compresa una quota da destinare a idee per la stessa piazza Martiri, «…che potrebbero scardinare dei vincoli che sembravano immutabili», come spiega l’architetto. Dando indirettamente a intendere che anche piazza Martiri riproduce un assetto tuttora legato al passato che neppure la Soprintendenza difende più a priori.

Quanto al punto fermo dal quale l’Amministrazione comunale è partita, Gnoli lo riassume così: «Si tratta di riuscire a collegare i viali con gli spazi delle porte, integrandoli con essi per farne dei luoghi dove si possa vivere bene». 

Le porte affidate a una progettazione giovane, dunque, dovrebbero prima di tutto trasformarsi, con i rispettivi piazzali, in ambienti fruibili, in attesa che un’analoga, nuova sfida progettuale venga lanciata anche per la piazza. Il presupposto è che rispetto a quei lontani anni Cinquanta, Sessanta e Settanta in cui si mise mano ai piazzali Dante, Marconi e Ramazzini trasformandoli in spartitraffico e parcheggi, l’automobile cessi di essere il principale fattore di modellazione della città: «Non abbiamo bisogno di questi dieci posti macchina…», sospira Gnoli, alludendo a piazzale Ramazzini.

Le verifiche, in proposito, non mancheranno. Superata come produttrice di inquinamento e in nome del diffondersi di una maggiore consapevolezza ecologica, quanto ancora resisterà l’automobile nell’opinione di molti carpigiani, come mezzo indispensabile anche per i piccoli spostamenti interni? Per quanto ancora i parcheggi, ricavati in tutti gli anfratti possibili del centro, resisteranno nell’immaginario di molti operatori commerciali come garanzia di sopravvivenza della rete del dettaglio? Il giorno in cui i progetti richiamati dal bando “Alle porte di Carpi” convincessero che un luogo vivibile è meglio, anche per il commercio, di uno in cui si parcheggia facile, cadrà un pregiudizio storico, per Carpi. E si dischiuderanno spazi per immaginare nuovi assetti che potrebbero andare ben al di là delle porte, investendo quella prosecuzione naturale di piazza Garibaldi che è la biforcazione di corso Roma e via San Francesco, piazze prima ancora che strade. Per non parlare di piazzale Bertesi, ora ridotto a rotatoria quando potrebbe profilarsi come un nuovo spazio vivibile in centro. 

Accessi più attrattivi per promettere un centro più bello e vivibile: è questa la posta che mette in gioco il bando delle porte escogitato da Giovanni Gnoli per conto dell’Amministrazione comunale. I fatti diranno se i tempi scelti sono quelli giusti.

Nelle foto, l’architetto Giovanni Gnoli, esempi di lighting design e videomapping a scala urbana che il bando “Alle porte di Carpi” sembra voler incoraggiare nei concorrenti

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