“Sono felice di essere in Italia ma non rifarei quel viaggio nemmeno per 10 milioni di euro, è troppa la sofferenza. Racconto la mia storia perchè voglio che le persone cambino la loro mentalità rispetto a noi, alcuni ci vedono come qualcuno che viene in Europa a rubare, ma l’Africa è violenta e chi scappa lo fa per salvare la propria vita. Quello che succede ancora oggi in Libia è mercato delle persone con la pelle nera, è disumano. C’è traffico di essere umani e violenza. Se con questa testimonianza posso cambiare la mente delle persone sono contento”.
Sono parole di Koffi Rodolphe, ventinovenne studente del corso serale dell''Iis Meucci protagonista dell’incontro “In viaggio con Koffi, siamo tutti migranti”, organizzato dal Meucci per trasmettere ai propri studenti delle classi quarte e quinte una storia di dolore, violenza e paura. Quella che purtroppo accomuna tanti migranti che partono dall’Africa subsahariana pieni di speranze ma che arrivano in Europa (se arrivano vivi) con cicatrici vere e metaforiche che nessuna conquista di benessere cancellerà mai.
Proprio come successo a Koffi: “Sono partito dalla Costa d’Avorio e sono arrivato in Italia nel 2018 con la nave. E’ stato un viaggio molto pericoloso, durato nove mesi durante il quale ho sofferto molto – attacca Koffi in videoconferenza con oltre un centinaio di colleghi studenti del Meucci –. Se avessi saputo che questo viaggio sarebbe stato così pericoloso non l’avrei mai fatto, ho pianto come un bimbo a causa della sofferenza fisica e morale”.
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