Genitori e disabilità nei giorni della clausura senza sollievo

In queste lunghe settimane, all’emergenza Coronavirus si è strettamente legata quella riguardante le persone con disabilità fisica e/o psichica, gli anziani non autosufficienti e i loro caregiver. Il lockdown aveva imposto, infatti, dai primi giorni di marzo la chiusura dei centri diurni, risorse fondamentali nel dare respiro alle famiglie. Sarà forse stata anche la mancanza di questo tipo di sollievo, oltre a una situazione che si perpetuava dolorosamente da anni, a gettare nel più profondo sconforto Viliam Losi, il 69enne che lo scorso 15 maggio, nella propria abitazione di via Longhena a Carpi, si è tolto la vita dopo aver soffocato il figlio Daniele, 37 anni, disabile. Non ci si vuole addentrare nei dettagli del tragico accaduto, ma fare alcune riflessioni con alcuni protagonisti del settore su una situazione che, se già in tempi pre Covid era stressante, oggi la pandemia ha complicata ulteriormente. «Per oltre due mesi i centri sono stato chiusi e l’utenza è stata al domicilio – spiega Tamara Calzolari, assessore al Sociale –. Ciò non significa che non abbiamo avuto contatti con le famiglie, anzi abbiamo attivato una serie di attività alternative da svolgere a casa, a seconda dei casi. I 56 frequentatori dei centri Belchite, L’abbraccio ed Emmanuel, hanno ricevuto chiamate e videochiamate dagli stessi educatori che li seguono al centro e con cui vivono la loro quotidianità. Anche nel caso delle attività occupazionali protette e dei tirocini formativi, dedicati alle persone con disabilità più lievi (sono 105), è stata fatta un’attività di monitoraggio e di interventi da remoto. Nessuno è stato lasciato solo.