E ora ci si chiede: che cosa accadrà, a Carpi, dopo la scissione di Matteo Renzi? Quali ricadute sulla maggioranza e sul gruppo consiliare Pd/Carpi 2.0? Non è difficile da prevedere: proprio nulla. Nessun gruppo autonomo, nessuna formazione nuova ispirata alle mosse dell’uomo di Rignano. E, zitti zitti, i suoi sostenitori dell’ultima ora, senza averlo mai sconfessato, si sono da tempo riposizionati in un Pd che certamente non lasceranno. Qualche cosa, a ben vedere, potrebbe tuttavia cambiare. Ed è la natura stessa di un partito sgravato – qualcuno pensa “finalmente” – del renzismo e indotto per questo a riaprirsi a D’Alema e Bersani, a riscoprire l’antica anima e le sicurezze di un tempo. A ritornare, in una parola, alla “ditta”: un termine che connota il riaffacciarsi di ideologismi e nostalgie per l’articolo 18, ma anche di un certo modo di essere del Pd, molto emiliano con i suoi potentati e le sue roccaforti. Se l’effetto fosse questo, ecco allora che a Carpi si potrebbe registrare qualche increspatura. Soprattutto dalle parti di Carpi 2.0 e della componente catto-dem che nel gruppo consiliare pesano insieme per un terzo circa. A loro non piacerebbe un Pd che ricalcasse percorsi considerati impregnati di vecchio massimalismo di facciata e manovre di potere di sostanza. “Noi non cantiamo Bandiera Rossa ai comizi del Segretario”, ha dichiarato il renzianissimo deputato Ettore Rosato per marcare la differenza. Dalle parti del Pd di Carpi sono in diversi, anche se non renziani, a pensarla come lui.
(nella foto, il gruppo consiliare Pd Carpi 2.0)
OK-2.jpg "Teatro Comunale Carpi 2023/24")
