Stefania Nadalini ha pubblicato “Da Est a Ovest, passando per l’Africa” di ricordi di viaggio

Protagonista dei suoi viaggi

Lasciato il lavoro da estetista praticato per 42 anni e allontanatasi un po' dai "...primi quarant'anni (che) non sono stati come pensavo” (titolo del suo primo libro edito nel 2010), la carpigiana Stefania Nadalini ha preso ad andarsene in giro su e giù per il mondo, la Vecchia Europa e l'estremo Oriente, il Sud e il Nordamerica. E soprattutto l'Africa, tanta Africa. La stessa che si prende buona parte del suo nuovo libro di viaggi dal titolo “Da Est a Ovest passando per l'Africa” (Potenza 2021, 177 pagine, 14 euro), che si è insediata nel suo cuore come una sorta di seconda patria e a cui ha voluto destinare i proventi della vendita del libro nella forma di un sostegno a un'associazione di ranger impegnati nell'attività anti bracconaggio nella fascia equatoriale e subequatoriale del continente. 

 

Il viaggio, dunque, i posti visti, la gente incontrata, le tante situazioni curiose e stimolanti vissute sono la materia del libro: tutto raccontato, come specifica la presentazione, come un personale diario fatto di aneddoti e con il quale “...questa meravigliosa donna ci trasmette tutta la bellezza che c'è sul nostro pianeta e ci racconta in maniera semplice e sincera il suo passaggio da turista a viaggiatrice”. Antico dilemma, questo: che cosa fa la differenza tra il turista e il viaggiatore? C'è chi dice il tempo (il viaggiatore ne ha molto di più del turista). C'è chi dice i soldi (e qui le cose si invertono). C'è chi sostiene che il turista cerca la comodità e il programma, mentre il viaggiatore la prende come viene e ama l'imprevisto. E c'è infine chi ritiene che la differenza fondamentale si colga al momento di mostrare le foto o di raccontare i ricordi di viaggio: il turista concentra tutto su se stesso, si pone al centro delle foto, diventa il protagonista assoluto del viaggio; il viaggiatore, al contrario, cerca soprattutto di documentare l'esperienza che sta vivendo, si nasconde dietro le persone incontrate e i paesaggi visti e preferisce far parlare con le foto una donna mentre sta tessendo o un bambino che gioca in strada o un ambulante che cerca di vendere qualche cosa. L'autrice ne racconta in quantità, qui, di luoghi visitati: le popolose metropoli indiane, le città imperiali del Marocco, i grattacieli di Dubai, mete note come New York, Istanbul, meno note come Djenné e Thyolo, problematiche come Teheran e Tashkent o in vorticosa trasformazione come Hanoi e tutto il Vietnam, emozionanti come i parchi dell'Uganda e della Tanzania. E riporta molto a sé, con la generosa descrizione dei tanti dettagli, piccoli imprevisti e avventure con i quali il viaggio finisce sempre per sorprendere. C'è tanto dell'autrice, della sua inesausta curiosità e voglia di scrivere, dunque, nelle pagine del libro: “Ho visitato tanti Paesi lontani dalle mete classiche, ho scoperto posti dentro ai posti, conosciuto culture diverse dalla mia anni luce, ho parlato inglese pur non sapendolo e ridendo moltissimo, ma io mi butto...qualcosa capiranno ed è quasi sempre così, ho fatto tanti fuori programma e fatto tante pipì fuori dalle toilette un po' in tutto il mondo (ho marcato il territorio come fanno gli animali), ma non sono mai sazia di viaggiare, io sono drogata di viaggi”. E in conclusione, “...credetemi, i soldi spesi in viaggio sono i soldi spesi meglio, io non li ho mai rimpianti”.