Il 25 luglio di 78 anni fa: la caduta di Mussolini e la grande illusione

Nella notte tra il 24 e il 25 luglio 1943, il Gran Consiglio del Fascismo, che non si riuniva dal 1939, approva l'ordine del giorno che sfiducia Mussolini. La mozione, presentata da Dino Grandi, passa con 19 voti favorevoli (Acerbo, Albini, Alfieri, Balella, Bastianini, Bignardi, Bottai, Cianetti (che la ritirerà il giorno successivo), Ciano, De Bono, de Marsico, De Stefani, De Vecchi, Federzoni, Gottardi, Grandi, Marinelli, Pareschi, Rossoni), 7 contrari (Biggini, Buffarini-Guidi, Farinacci, Frattari, Galbiati, Polverelli, Scorza, Tringali Casanova) e un astenuto (Suardo). Questo il testo approvato, che riconsegn di fatto al Re il governo del Paese, dopo che il 9 luglio le truppe alleate erano sbarcate in Sicilia e il 19 luglio Roma aveva subito un primo, pesante bombardamento da parte dell'aviazione angloamericana.

«Il Gran Consiglio del Fascismo, riunendosi in queste ore di supremo cimento, volge innanzi tutto il suo pensiero agli eroici combattenti di ogni arma che, fianco a fianco con la gente di Sicilia, in cui più alta risplende l'univoca fede del popolo italiano, rinnovano le nobili tradizioni di strenuo valore e d'indomito spirito di sacrificio delle nostre gloriose Forze Armate. Esaminata la situazione interna e internazionale e la condotta politica e militare della guerra;

proclama

il dovere sacro per tutti gli italiani di difendere ad ogni costo l'unità, l'indipendenza, la libertà della Patria, i frutti dei sacrifici e degli sforzi di quattro generazioni dal Risorgimento ad oggi, la vita e l'avvenire del popolo italiano;

afferma

la necessità dell'unione morale e materiale di tutti gli italiani in questa ora grave e decisiva per i destini della Nazione;

dichiara

che a tale scopo è necessario l'immediato ripristino di tutte le funzioni statali, attribuendo alla Corona, al Gran Consiglio, al Governo, al Parlamento, alle Corporazioni i compiti e le responsabilità stabilite dalle nostre leggi statutarie e costituzionali;

invita

il Governo a pregare la Maestà del Re, verso il quale si rivolge fedele e fiducioso il cuore di tutta la Nazione, affinché Egli voglia per l'onore e la salvezza della Patria assumere con l'effettivo comando delle Forze Armate di terra, di mare, dell'aria, secondo l'articolo 5 dello Statuto del Regno, quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a Lui attribuiscono e che sono sempre state in tutta la nostra storia nazionale il retaggio glorioso della nostra Augusta Dinastia di Savoia».

Dopo di che, gli eventi precipitano: l'arresto di Mussolini, il governo assegnato dal re a Pietro Badoglio, le manifestazioni di giubilo in tutta Italia nella convinzione che la guerra fosse finita con il crollo del regime, frenate però dal messaggio radiofonico dello stesso Badoglio, contenente la famosa frase: “la guerra continua”. L'altra data storica di quell'anno, l'8 settembre, sancirà, con la resa dell'Italia e la sua occupazione da parte della Wehrmacht, la divisione in due della Penisola: a sud un regno “cobelligerante” con le truppe angloamericane e a nord la Repubblica sociale affidata a Mussolini, liberato nel frattempo dai paracadutisti tedeschi, sotto pesante tutela della Germania di Hitler. Cinque dei firmatari di quell'ordine del giorno, fra i quali il genero di Mussolini, Galeazzo Ciano, verranno fucilati a Verona nel gennaio dell'anno successivo. Nel contesto dell'ondata di gioia che percorre quel 25 luglio di 78 anni fa tutto il Paese e ignara della dura prova che ancora lo attendeva, il vecchio Alcide Cervi con la numerosa famiglia offre una pastasciutta all'intera comunità di Campegine.