Danaida Delay a ''Profeti in patria'': il modello interculturale italiano a raffronto con gli altri modelli di accoglienza degli immigrati

Il perimetro giuridico e il panorama legislativo all'interno nel quale va inquadrato il tema dell'immigrazione è stato tracciato ieri, nel corso di un incontro della rassegna "Profeti in patria“ ospitata nella redazione di Voce, da Danaida Delay, avvocato penalista originaria dell'Albania e cittadina italiana ("Sono arrivata nel 2002 per studiare Giurisprudenza e per vent'anni, per l'Italia, non sono esistita”), presidente fino allo scorso mese di febbraio della Consulta per l'Integrazione del Comune di Carpi della quale è tuttora membro.

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Il perno della legislazione italiana in materia, ha ricordato Delay, resta la legge del 1992 che basa la cittadinanza sullo ius sanguinis, vale a dire sull'essere entrambi o almeno uno dei genitori di origine italiana. Da allora la legislazione del nostro Paese, ha sottolineato Delay, con i continui ritocchi apportati dai vari Governi alla materia è diventata sempre più restrittiva, vincolando l'ottenimento della cittadinanza per chi nasce in Italia da famiglia straniera alla permanenza ininterrotta sul suolo italiano fino ai 18 anni o, per chi non vi sia nato e vi sia semplicemente approdato, alla residenza da almeno dieci anni. Sono scadenze, queste, alle quali vanno sempre aggiunti almeno quattro anni di pratiche burocratiche da sbrigare, per cui si passa ai 22 anni nel primo caso e a 14 nel secondo. A questi percorsi si collegano poi una serie di altre questioni che vanno dalle politiche di ingresso ai contratti di lavoro e allo sfruttamento del lavoro degli immigrati, analizzati dettagliatamente dalla relatrice che ha compiuto anche un raffronto con il panorama legislativo di altri paesi europei, come Francia e Germania.

E sempre in materia di raffronti, Delay si è soffermata sui diversi modelli di accoglienza che vanno da quello "assimilazionista” che punta al totale adeguamento degli immigrati alle regole del Paese di accoglienza, sull'esempio francese, all'approccio "multiculturalista” tipico del Regno Unito che tollera le diverse culture ma lasciandole ciascuna arroccata al proprio interno, quasi fossero isole nella società che le accoglie. Il modello italiano è invece quello "interculturale", comune anche a Spagna e Portogallo, il più difficile perché punta al dialogo fra le culture e all'integrazione. Venendo alle seconde generazioni degli immigrati, Delay ha sottolineato come si debba proprio a loro e alle associazioni di giovani che si sentono completamente italiani, che parlano la nostra lingua e sono cresciuti frequentando le nostre scuole, l'iniziativa referendaria che punta a ridurre da dieci a cinque gli anni di residenza oggi vigenti per chi intenda richiedere la cittadinanza. Durante e dopo la realzione introduttiva, sono state numerose le domande del pubblico, attinenti anche alla situazione di Carpi sotto il profilo soprattutto del ruolo della scuola, del disagio degli adolescenti di origine straniera, dell'efficacia della Consulta nell'opera di integrazione.