Il volto di Alberto Pio tra vecchie foto, un quadro in restauro e una probabile fake sui social

Il mistero del ritratto di Alberto

Un giallo storico sul principale protagonista della storia di Carpi, a partire dal Portrait of Gentleman battuto da Christie s a Londra nel 2010

di Luciana Saetti

 

Risale a poco più di un secolo fa la prima immagine fotografica a noi nota di un dipinto che raffigura Alberto Pio, comparsa come “autoritratto di Baldassarre Peruzzi” nel catalogo della famosa asta dell’American Art Association  (New York, 21-27 novembre 1916), fra i 1.215 pezzi della collezione Elia Volpi (Firenze, Palazzo Davanzati e Villa Pia).  Un’asta che fece epoca, e che aprì definitivamente il mercato americano al commercio di oggetti d’arte rinascimentale italiana.

Il lotto (n. 1.004), descritto come “tela” (canvas), fu aggiudicato per 2 mila 400 dollari, secondo l’appunto manoscritto su una copia del catalogo d’asta, che indica anche l’acquirente come “Warwick House”. Si trattava di una società di recente costituzione rappresentata da Mr. Martin Hofer che agiva, in quell’occasione, per conto di alcuni collezionisti californiani. 

La fotografia dell’opera che compare nel catalogo è confrontabile con i sei positivi presenti nella fototeca della Fondazione Zeri di Bologna, corrispondenti ad almeno due diverse riprese eseguite dal fotografo fiorentino Brogi, su commissione di Elia Volpi, presumibilmente nel 1915-1916, e anche a una terza ripresa, forse antecedente, del fotografo milanese Luigi Dubray. Nelle foto Brogi il dipinto appare sia non incorniciato e posato su un cavalletto, sia in una cornice di legno lavorato e dorato, visibile solo parzialmente; anche nella foto Dubray è visibile una cornice, apparentemente più sobria. 

Si tratta, indubbiamente, del medesimo dipinto: del quale sembrano perdersi le tracce dopo la vendita del 1916. L’opera, indicata nella scheda della fototeca come Ritratto di giovane uomo, è stata successivamente attribuita a Lazzaro Grimaldi, a Giulio Campi, ad Andrea Solario, a Bartolomeo Veneto; quanto alla sua provenienza si indica la “collezione Fassati di Milano”. Il soggetto è stato riconosciuto come Alberto Pio da Berenson (1957), un’identificazione discutibile secondo Laura Pagnotta, autrice della nota monografia su Bartolomeo Veneto (1997).

Delle vicende dell’opera abbiamo ulteriori notizie solo da quando, nel 2010, la vediamo ricomparire in un’asta Christie’s a New York come Portrait of a gentleman attribuito, questa volta, a Bartolomeo Veneto (v. in proposito l’articolo di Fabrizio Stermieri, Voce 17 aprile 2017). Le indicazioni sulla sua provenienza fanno riferimento a un collezionista californiano, Henry E. Huntington (1850-1927; si tratta del magnate dell’industria ferroviaria e fondatore a San Marino, nei pressi di Pasadena, della Huntington Library) e a una vendita anonima all’asta (“O'Reilly's Plaza Art Galleries, New York, 6-8 October 1949, lot 419”) con l’improbabile indicazione “as Alonzo Sandrez Coelho” (Alonso Sanchez Coello? il  pittore di corte di Filippo II di Spagna?).

Sta di fatto che il dipinto, che nel 1997 risultava in corso di restauro presso lo studio Marco Grassi di New York, ci si presenta finalmente, nel 2010, in una fotografia a colori; e se il lavoro del famoso restauratore ne mette a nudo gli irreparabili danneggiamenti, ci restituisce al tempo stesso la sua luminosità diffusa, e l’espressione attenta e severa del personaggio; convalidandone, in quello sguardo penetrante che è il punctum del ritratto, un’immagine di dignitosa e circospetta fermezza:  sembra quasi, per un’ironia delle cose, che Alberto stia spiando le nostre mosse da dietro quel tendaggio che ne dissimulava la presenza, a Bologna,  al solenne incontro tra il papa e Francesco I di Francia, nel 1515.

Il dipinto, comunque, ci mostra un uomo sui trent’anni del quale sembra difficilmente contestabile  la somiglianza con il più noto ritratto di Alberto Pio, conservato alla National Gallery di Londra. Quell’immagine “ufficiale”, di ostentazione, risale al 1512, quando Alberto, ottenuto il riconoscimento della propria signoria su Carpi e assunto l’incarico di ambasciatore imperiale a Roma, aveva tutti i motivi, d’orgoglio e di convenienza, per esibire il proprio status politico e intellettuale.  Quest’altro ritratto, invece, lo rappresenta sì come “gentiluomo”, ma senza particolari emblematici (a meno che non ne figurassero nella parte perduta del dipinto) come, per esempio, una medaglia sul berretto, dalla foggia tipica del costume “alla francese” in uso durante la dominazione di Luigi XII nel milanese. Si potrebbe supporre, insomma, che il ritratto risalga al momento in cui  Alberto si sta affacciando sulla scena della diplomazia internazionale, quando, dopo la missione in Francia del giugno-luglio 1506 e il soggiorno milanese dei due mesi seguenti, viene di nuovo inviato dal Gonzaga a Milano nel settembre 1507 per incontrarvi il governatore Charles d’Amboise, con il conseguente nuovo viaggio in Francia che gli offre l’occasione di entrare al servizio di Luigi XII;  fino all’“incidente di percorso” che, nel 1511, determinerà la brusca interruzione dell’incarico portandolo a passare al servizio dell’imperatore Massimiliano I.

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