Tassi e il parkour, uno sport per cui serve preparazione

Tutta colpa del parkour. Così hanno scritto  per una diciassettenne che è scivolata a San Pietroburgo,  lanciandosi da un palazzo di diciassette  piani per raggiungerne un altro. E così hanno detto  per un tredicenne che è morto in un cantiere in  un’area di commercio edile a Venezia. Solo per citare  alcuni degli episodi più recenti accaduti a livello  internazionale, ma questo tipo di pratica coinvolge  diverse realtà (dai piccoli centri alle grandi  città) e tocca ragazzi che troppe volte non hanno  idea della preparazione atletica necessaria, come  attesta il fatto che dal 2017 il parkour sia stato riconosciuto  dal Coni come una disciplina sportiva  a tutti gli effetti.  «Questo sport – spiega Stefano Tassi (ventottenne  sassolese fra i primi a dedicarvisi) – è  nato negli anni Novanta con il francese David  Belle: lo scopo è quello di superare degli ostacoli  nel minor tempo possibile con movimenti fluidi e  funzionali». Cosa nient’affatto facile, se si pensa  che tutto ciò trova ispirazione nel “percorso del  combattente” utilizzato ai primi del Novecento  come metodo di addestramento militare dall’ufficiale  della marina francese Georges Herbert e che  Belle ha trasformato in una disciplina di strada,  potenzialmente alla portata di tutti. Detto questo,  c’è da capire se i salti cosiddetti mortali siano assolutamente  necessari.  «No, nel parkour no. Sono possibili in un’altra  pratica che si chiama freerunning – precisa Tassi –  che, essendo più libera e non avendo limiti di tempo,  consente di fare evoluzioni spettacolari, ma  questa è già una forma di acrobatica. Comunque  sia, in entrambi i casi a eseguire simili movimenti  sono sempre atleti con una certa preparazione:  è necessario fare molta attenzione se li si vuole  emulare».  Tanto per capirci, un freerunner celebre è quello  che Daniel Craig, nelle vesti di James Bond, insegue  all’inizio del film Casino Royal. Il problema è  che queste persone riescono ad affrontare percorsi  apparentemente impossibili con una naturalezza  che fa sembrare la cosa tutto sommato fattibile.  

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