San Nicolò si prepara a un ritorno al futuro tra arte e spiritualità

Venerdì 1 e sabato 2 novembre la riapertura del tempio quattrocentesco di via Guido Fassi

Tra potere temporale e spirituale, proprio come San Nicolò convive da secoli. Da un lato il Comune proprietario dell’immobile, trattato nella sua fattispecie di patrimonio storico-artistico, dall’altro la Diocesi, che ovviamente si occupa del culto e di tutto ciò che concerne la vita religiosa del tempio. L’attesa per la riapertura delle porte di San Nicolò è stata anticipata questa mattina da parole, spiegazioni e intenzioni di Comune e Diocesi, rappresentati rispettivamente dall’architetto Enrico Vincenzi responsabile dei lavori che hanno interessato il complesso monumentale quattrocentesco di via Guido Fassi, la Responsabile del Servizio “Musei- Archivio storico-Memoria-Teatro-Turismo” del Comune Manuela Rossi, e monsignor Ermenegildo Manicardi, Vicario della Diocesi di Carpi. 

 

IL PATRIMONIO ARTISTICO-CULTURALE

«È una delle chiese più importanti di Carpi se non la più importante a livello di storia dell'arte – illustra Manuela Rossi –. Quella che vediamo oggi è la chiesa di Alberto Pio tra fine 400 e inizio 500 su un sito dove già c'era l'antica cappella di San Nicola del 1100 e che era il pantheon della famiglia Pio, che vi seppelliva i propri defunti. La chiesa di Alberto Pio fu ispirata alle grandi opere del Bramante a Milano, con una pianta centrale poi rivista dal Peruzzi. I dipinti originali sono rimasti solo due ad opera di Bernardino Loschi, mentre il resto risale al 600 così come le scagliole. Un particolare invece che non vediamo oggi ma che non vide mai la luce nemmeno in passato è il San Francesco che presentava Alberto Pio all'Altissimo che proprio il signore dei Pio aveva lasciato in testamento come da realizzare nell’abside, un’opera rimasta nelle intenzioni. Gli ultimi interventi risalgono invece all’800 in seguito a un terremoto».

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E’ su questo patrimonio architettonico e artistico che il Comune di Carpi proprietario della chiesa sin dal 1871 («Il Comune la acquistò dallo Stato che l’aveva annessa all’Unità d’Italia insieme a Santa Chiara», spiega monsignor Manicardi) ha effettuato negli ultimi 5 anni i lavori di ripristino resi necessari dai danni provocati dal sisma del 2012, anno da cui la chiesa è chiusa: «Il progetto definitivo è stato redatto nel 2018, da allora sono stati condotti lavori di riparazione del danno e miglioramento sismico, non un semplice restauro della chiesa – spiega l’architetto Vincenzi –. I lavori sono stati articolati in due appalti: uno sulla sismica e un altro sulle superfici decorate per un costo totale di 3 milioni e 800mila euro».

Lavori che si stanno concludendo in questi giorni con la posa della nuova pavimentazione in cotto nel porticato anteriore, e che si concluderanno per l’inaugurazione ufficiale dell'1 e 2 novembre, quando sono previste visite guidate e un concerto al pianoforte del maestro Carlo Guaitoli (tutto su prenotazione digitale a partire dal 27 ottobre quando sarà attivato l’apposito link). 

 

IL PATRIMONIO UMANO-SPIRITUALE

«Carlo Guaitoli crebbe in San Nicolò per cui è giusto sia lui a suonare all'inaugurazione», dice monsignor Manicardi, che insieme al vescovo  Castellucci si sta occupando del nuovo corso pastorale del tempio di via Guido Fassi: «Proprio come gli storici del patrimonio artistico e gli architetti si sono occupati della ristrutturazione degli affreschi, noi lo facciamo a livello pastorale per una chiesa che era dei francescani fino all'unità d'Italia, quando c'erano solo due parrocchie, la cattedrale e San Francesco – prosegue il Vicario della Diocesi –. San Nicolò finì come Santa Chiara nelle proprietà del nuovo Stato. Il Comune di Carpi acquistò il convento dei frati francescani nel 1871 e lo Stato volle inserire in quel rogito anche il tempio con i legati, le offerte alla chiesa. Il progetto del Comune era allora una scuola per ragazze e tenne i frati fino al Concordato. Nel 1954 il sindaco Bruno Losi d'accordo col vescovo Prati riuscirono a far diventare San Nicolò parrocchia e così resta fino al 2019 quando i frati, gli ultimi furono i Minori del Cristo Re, la lasciano». 

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Una situazione, quella dei frati in San Nicolò, che appartiene però definitivamente al passato: «L’idea che tornino è utopica, non più immaginabile – conferma Monsignor Manicardi –. Nel dicembre 2019 arrivò don Gabriele Brusco, noi avevamo l'esperienza dei missionari Servi dei poveri detti anche Bocconisti, frati palermitani con grande attività in Congo e Uganda che vennero qui per occuparsi di una chiesa di Mirandola lasciata sempre dai frati. Già da allora pensammo di spostarli nel convento di San Nicolò, con la loro casa attuale (in via Catellani, ndr) che verrà messa a disposizione della Caritas per famiglie in difficoltà». Con la presenza dei Bocconisti, San Nicolò resterà dunque parrocchia, ma abbinata a San Francesco: «Saranno collegate ma senza fonderle né eliminarle – conferma il Vicario –. Insieme fanno molti meno abitanti di San Giuseppe, per fare un esempio, ma non è una parrocchia decrepita, basta pensare al fatto che i parrocchiani di San Nicolò hanno fondato la Mensa del povero che nel 2023 ha erogato 44 Mila euro». Un “patrimonio umano” che amministreranno i Bocconisti, per la maggior parte di origine centroafricana: «Sarà di grande stimolo, un'immagine molto adeguata al mondo di oggi – confida Monsignor Manicardi –. Non sono convinto che con lo stesso numero di preti "padani" le cose andrebbero meglio. Ho grosse speranze che questa riapertura faccia del bene alla città. Siamo davanti ad un possibile futuro». Un futuro che inizierà venerdì 1 novembre con la riapertura ufficiale e la due giorni inaugurale, mentre da domenica 3 riprenderà il culto, in coordinamento con San Francesco. 

Nelle foto, due viste aeree di San Nicolò dopo e durante i lavori, Enrico Vincenzi, Manuela Rossi e Monsignor Ermenegildo Manicardi (da sinistra), e la navata centrale