''Noi Oltre'', l'associazione che aiuta i detenuti a reinserirsi nella società

Ha fatto il suo ingresso da poche settimane presso la Casa del Volontariato una nuova associazione del territorio. Si chiama Noi Oltre e si occupa dei diritti delle persone in carcere, oltre che del loro reinserimento nella società una volta usciti. Un tema molto importante, di cui abbiamo parlato con il volontario Pietro Arcolin che, con Antonia Fantini – stimata e amata professoressa e preside carpigiana scomparsa lo scorso ottobre – ha dato vita a questa nuova realtà. «Abbiamo raccolto il testimone di don Ivan Martini (il parroco di Rovereto che morì in occasione delle scosse di terremoto del 29 maggio del 2012, mentre cercava di portare fuori dalla sua chiesa una statua della Madonna, ndr), che svolgeva l’attività di sacerdote anche presso il carcere di Sant’Anna – racconta –. Io e Antonia abbiamo cominciato insieme, alcuni anni fa, a recarci presso il carcere modenese di Sant’Anna come volontari per incontrare i detenuti che avessero fatto richiesta di un colloquio – racconta –.Per loro parlare con qualcuno di esterno è un’occasione di grande sollievo e in quelle occasioni mi resi conto dei problemi che affliggono i detenuti nel momento in cui riacquistano la libertà. Spesso sono allo sbando, abbandonati da tutti: stimiamo che il 70 per cento di loro non abbia più nessun rapporto con la famiglia o gli amici. Con Antonia si parlava molto di questo: è così che proprio con un ex detenuto abbiamo dato luogo all’associazione, nata per dare una mano a quanti infine escono e si trovano in difficoltà». Oggi, Noi Oltre conta sull’appoggio di 12 volontari. «Il nostro non è un compito facile – continua Arcolin –. Cerchiamo di aiutarli trovando loro un impiego o una sistemazione per dormire e non è semplice in questo periodo. Li aiutiamo anche quando tornano nelle città di origine, dato che abbiamo imparato a conoscerli durante la detenzione e sappiamo tutto della loro storia. Proprio i colloqui sono uno spunto per capire chi seguire dopo, una volta usciti. Il reinserimento è qualcosa che va a vantaggio anche dello Stato: il 65-70 per cento di chi torna in libertà torna dentro perché non sa cosa fare, è emarginato e magari torna a commettere gli errori di prima. Una cosa la posso già dire, anche se l’associazione è giovane: ho avuto più di quello che ho dato, nel mondo c’è ancora molto di buono». 

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