Mattia Medici fotografo dei momenti più intimi. Come il parto

L'obiettivo sulla poesia della vita che vede la luce

Della fotografia dice che “è qualcosa di terapeutico, una ricerca mai finita”. Del suo rapporto con l’immagine fotografica, che “...mi permette di dire cose che non riesco a esprimere a voce”. Il carpigiano Mattia Medici, 38 anni, nutre un approccio con la fotografia davvero intimo, a tal punto da aver sentito la necessità, a un certo punto, di concentrarsi su ciò che c’è di più privato nella vita di ognuno di noi: la famiglia, l’unione degli sposi, la gravidanza e la sua attesa, il parto, la sensazione di un bambino appena nato sulla pelle della madre. È soprattutto il momento della nascita ad avvincerlo, un filone che ha desiderato fortemente sviluppare, ma che per molti è ancora un tabù. Ce l’ha fatta, Mattia, e oggi è in grado di raccontare l’emozione di quell’istante, ma anche di quelli che immediatamente lo precedono e lo seguono, durante il quale un bambino fa il suo ingresso – visibile – in questo mondo.

 

Quando ha iniziato ad avvicinarsi alla fotografia? 

«È accaduto con il terremoto del 2012. Il sisma ha messo totalmente in discussione la mia vita. Dopo le scosse mi sono ritrovato con la macchina fotografica tra le mani, ho iniziato a studiare, ho capito subito che veniva fuori qualcosa di me, che così mi sfogavo. Per un po’ ho tenuto solo per me questa passione: era uno specchio, uno spazio molto intimo. Ci è voluto un po’ di tempo perché riuscissi a mostrare le mie creazioni e, quindi, me stesso: la cosa forte della fotografia è che lì ci sei anche tu, il nome e la faccia, e per questo la devi difendere. È lei che mi ha portato sulla strada dove cammino oggi, mi ha dato tanto e mi sono ritrovato. Sono rinato con il terremoto, insomma»

 

Quando invece ha scattato la prima foto di una nascita? 

«Nel 2019, il giorno di san Valentino. È un filone molto forte che si sta facendo strada nel nostro Paese, ma che per molti rappresenta ancora un tabù, mentre credo che davvero si dovrebbe vedere come si nasce. La società in cui viviamo ci ha distratto tanto da cos’è la vita: forse sto cercando proprio quello e proprio nell’istante della sua origine, anche se un bambino esiste già prima del venire alla luce. Le mamme che mi chiedono di immortalare quel momento hanno un rapporto molto positivo con il parto, lo riconoscono come espressione del senso della vita. Per me rappresenta una emozione fortissima: devo riuscire a rendere una testimonianza che non sia cruda, ma velata, delicata, poetica»

 

Come vive quei momenti? 

«Non mi faccio domande, non me lo posso permettere. Penso sempre di avere paura, come è per un attore prima di salire sul palco, poi in realtà quando sono in sala parto tutto passa. Il 14 aprile scorso, grazie alla dottoressa Ilaria Cavazzuti del Policlinico di Modena, ho potuto assistere anche un cesareo. Non lo avevo mai visto e non sapevo come si svolgesse: mi aspettavo una paura che non è mai arrivata, mi sentivo al mio posto. Dall’altra parte del telo, poi, ho visto innanzitutto delle persone, non solo medici: persone che condividono una grandissima umanità. È stato bello vedere l’ostetrica accanto alla madre: le parlava, le sorrideva… E oltre il muro rappresentato dal telo verde qualche istante dopo le ha mostrato il suo bambino»

 

Che cosa si prova a condividere quei momenti con i neogenitori? 

«Ci vuole molto rispetto: è il trattamento dell’immagine altrui. Come ai matrimoni, cerco sempre di conoscere le persone, di farmi conoscere e di far loro vedere la propria immagine. Il primo contatto tra me e le persone avviene attraverso la fiducia: mettono a nudo i propri pensieri e le proprie emozioni con me, si raccontano, con loro si creano legami forti che rimangono negli anni. Al di là del parto, per ritrarre una persona ci vuole delicatezza. La maggior parte non vuole mettersi in posa. Concordo: la posa è l’ansia di impegnarsi a essere, quando invece non ce n’è bisogno. Questa è anche una metafora della vita stessa: in realtà basti per quello che sei»

 

Progetti per il futuro? 

«Non so dove mi porterà questo percorso. Ora so che sono qui e questo mi fa star bene. Se ora capisco da dove viene la vita? Non ho una risposta. Crescerò con queste domande».

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