Il Torrione degli Spagnoli: un tesoro storico artistico restituito a simbolo cittadino

Sulle scale ancora puntellate, nei saloni che stanno meravigliosamente riaffiorando dalle mani prima dei muratori e ora delle restauratrici dei cicli affrescati, nelle stanze riportate alla dimensione originaria. insomma, nel Torrione degli Spagnoli irrobustito e restituito al grezzo ai suoi spazi, può anche capitare, visitandolo con le spiegazioni del geometra Franco Zona, di trascinarci un po' della propria biografia. Di quando, cioè, e si era al finire degli anni Settanta, lo si percorreva insieme a Maria Luisa Belgioioso, figlia di Ludovico Barbiano di Belgioioso progettista del Museo Monumento al Deportato e incaricato del recupero dell'intero complesso monumentale del castello, per capire dove e come partire per la gigantesca opera di restauro e come collocarvi i vari istituti culturali cittadini. C'è il ricordo del pesante fardello di lunghe chiavi arrugginite, con le quali si aprivano porte sgangherate sui cardini logori e che occorreva spingere a spallate; del trapestio dei piccioni, del loro tubare incessante nei sottotetti, dei loro cadaveri disseminati ovunque, dei pavimenti di polvere secolare e guano. E sull'asse verticale del Torrione, risalito per scalini avventurosi, c'era quel diramarsi di sale e salette, di pareti e controsoffittature collocate secondo la necessità, di una provvisorietà definitiva, di uffici giudiziari, delle imposte, delle carceri: il volto arcigno dello Stato, insomma, rimasto a dominare questo settore di piazza Martiri e tutto sommato estraneo al senso di appartenenza che i Carpigiani provano invece per il resto della zona monumentale, il palazzo dei Pio e la Sagra. Di quella esplorazione preliminare a un progetto di recupero partito sull'abbrivio del Museo Monumento appena inaugurato, caro al sindaco Onorio Campedelli e mai giunto a conclusione, restano un rilievo tecnico straordinario e un paradosso. Il rilievo tecnico si deve al geometra Gualandi, con il complemento delle tavole disegnate da Silvio Cadelo, futuro fumettista e illustratore di fama internazionale. Il paradosso è il recupero del convento di San Rocco, che doveva servire come sede provvisoria degli istituti culturali, in particolare Biblioteca e Scuola di Musica, per liberare parte del castello e permettere, dopo il progetto, l'avvio dei lavori. L'operazione affidata a Ludovico Barbiano di Belgioioso si interruppe fatalmente lì. E occorreranno anni, due terremoti, il trasloco della Biblioteca, risorse alla fine calcolabili complessivamente fra i 15 e i 20 milioni di euro e la capacità progettuale a ciclo continuo di Giovanni Gnoli, architetto interno del Comune, perché la stagione dei restauri riprendesse con i primi anni Duemila.

 

Il Torrione come lo vediamo oggi (insieme alle opere ancora in corso sul resto palazzo e sulla Torre del Passerino) è solo l'ultimo episodio di un cantiere attivo praticamente da vent'anni. Un episodio che ha preso le mosse dal decisivo passaggio dalla proprietà demaniale a quella comunale, propiziato dall'allora assessore Simone Morelli e beneficiato da stanziamenti comunali, regionali e della Fondazione Cassa Risparmio Carpi per sei milioni di euro complessivi, spalmati su due stralci, il primo dei quali si è praticamente concluso con la restituzione dell'edificio al grezzo, appunto. L'effetto esterno è sotto gli occhi di tutti. Quello interno attende di esserlo, perché Carpi, l'Emilia, l'Italia possano rendersi conto di quale tesoro sia stato possibile recuperare da quella che in origine era una torre tardo trecentesca, poi inglobata da Galasso Pio nella successiva costruzione quattrocentesca e trasformata in sua residenza (tant'è che il lato più “gentile” e aggraziato dell'intero complesso è proprio quello che dà sull'attuale cortile del Teatro). Il primo stralcio è stato di sostanza: ripulitura da tutte le superfetazioni accumulatesi nei secoli, recupero degli spazi e tanto lavoro sotto traccia in termini di consolidamento di solai, alleggerimento dei pesi per non gravare sulle volte sottostanti, rafforzamento di pareti, collocazione di catene, ricostituzione delle murature esterne stando attenti a non modernizzare troppo il risultato e a non cancellare la percezione delle due torri unite in una sola. La parte più delicata, il recupero degli affreschi, è solo all'inizio, ma sta promettendo risultati spettacolari, che indurrebbero a considerare l'opera come museo a sé, senza bisogno di inventarvi destinazioni particolari, ma preoccupandosi soprattutto di creare le condizioni perché possa essere il più possibile fruita, conosciuta e apprezzata dai futuri visitatori.  Che da lassù, dall'attico all'ultimo piano, potranno godere di una vista impareggiabile dei tetti della città antica.