Vi sostarono il fratello e la cognata prima della deportazione ad Auschwitz

Anche Fossoli nei ricordi dell'unica teste italiana al processo Eichmann di 60 anni fa

I giornali ricordano oggi i sessant'anni dall'inizio del processo ad Adolf Eichmann, fra gli ideatori della “soluzione finale” e organizzatore dei trasporti di deportati da tutta Europa verso i campi di sterminio nazisti, che si apriva a Tel Aviv l'11 aprile 1961. E fra i nomi dei 112 testimoni ammessi a deporre per quello che venne definito "il processo del secolo”, viene citato quello di Hulda Cassuto Campagnano, l'unica teste italiana e la cui storia si incrocia indirettamente con il campo di Fossoli. Hulda Cassuto si era sposata nel 1939 con Saul Campagnano, quando avevano rispettivamente 24 e 28 anni. Misero al mondo due figli e due figli ebbero pure il fratello di Hulda, Nathan Campagnano, oculista, con la moglie Anna Di Gioacchino, insegnante di inglese. Abitavano tutti a Firenze dove le due coppie vissero sempre molto unite. Tant'è che quando Saul, Nathan e Anna vennero arrestati per una delazione il 26 novembre 1943 (Nathan era diventato rabbino capo ed era impegnato nel Comitato di soccorso ebraico cristiano) toccò a Hulda, l'unica sfuggita all'arresto, occuparsi dei bambini. Mentre di Saul si sa solo che fu trasferito nelle carceri di Verona, prima di essere deportato ad Auschwitz, da dove non è più tornato, qualche notizia in più si ha circa la sorte di Nathan e della moglie Anna, deportati sullo stesso convoglio a Fossoli. Durante il trasferimento da Firenze, il treno si fermò a Prato per un inconveniente e Anna cercò di convincere il marito ad approfittarne per fuggire, ma fu lui a non voler abbandonare le decine di ebrei arrestati che si trovavano con loro sul vagone. A Fossoli non restarono più di qualche giorno, prima del trasferimento a Milano. Il 30 gennaio 1944, al famoso binario 21 della Stazione Centrale, furono caricati sul treno diretto ad Auschwitz, dove arriveranno il 6 febbraio. Nathan troverà la morte nel lager, mentre Anna, internata successivamente a Therensienstadt, riuscirà a sopravvivere e a rientrare in Italia, a Trieste, dopo la liberazione del campo. Raggiungerà poi Gerusalemme, dove si erano trasferite la cognata e i figli e dove rimarrà uccisa il 13 aprile 1948 durante un attacco degli arabi a un convoglio che trasportava personale medico.

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