Crocevia tra Oriente e Occidente, contesa da tanti e per secoli

Rodi, l’isola di tutti gli assedi

Una stratificazione culturale millenaria. La cancellazione progressiva dell’impronta musulmana. Molto evidente, invece, quella della colonizzazione italiana, durata un trentennio

Leone X, papa Giovanni de’ Medici, se lo sentiva; Alberto Pio, suo amico e consigliere, in quel tempo ambasciatore dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo, ne era convinto: il pericolo turco non andava sottovalutato e le guerre fra i potentati europei erano da scongiurare mentre una nuova imponente crociata era invece da mettere in cantiere per poter contrastare l’espansione ottomana in Oriente dopo che la Spagna si era liberata finalmente dai Mori mentre i turchi minacciavano da est Belgrado. È per questo che, in uno degli articoli finali del Concilio Laterano Quinto, conclusosi a Roma nel 1517, papa Medici, su perorazione proprio di Alberto Pio e di pochi altri prelati, aveva voluto inserire un decreto che prescriveva la guerra contro i Turchi e ordinava l’imposizione delle decime su tutti i benefici ecclesiastici nel mondo cristiano per tre anni. Decreto rimasto lettera morta: la crociata non si fece e solo cinque anni dopo Solimano il magnifico (pronipote di Maometto II che nel 1453 aveva posto fine all’Impero romano d’Oriente) si impossessò della roccaforte cristiana di Rodi inutilmente difesa da un pugno di cavalieri ospitalieri di San Giovanni. Dei quasi quattro secoli di dominazione ottomana, nella Rodi di oggi i turisti che affollano l’isola nei mesi estivi non vedono ormai un granché: qualche reperto al museo archeologico, una moschea (chiusa ai visitatori), una biblioteca, qualche minareto, un bagno turco chiuso anch’esso “per restauri” da diversi anni: ci hanno pensato gli Italiani durante il trentennio di possesso coloniale delle isole di Rodi e del Dodecaneso a ridurre al minimo le tracce di una occupazione mal sopportata dalla stessa popolazione greca dell’isola. E i greci hanno completato l’opera di epurazione dal secondo dopo guerra ad oggi, marcando le differenze nella difficile convivenza con la nuova repubblica di Turchia che è appena al di là di un braccio di mare, visibilissima da Rodi e dalle località balneari della costa nord occidentale dell’isola. Se a un greco di Rodi indichi quel tratto di costa e chiedi “È la Turchia?”, quello immancabilmente fa una smorfia e ti dice un “sì” tirato. Con gli Italiani, che pure sono stati dominatori dal 1912 al 1947 (anche se dall’8 settembre del 1943 l’isola passò sotto la ferrea occupazione tedesca) i rapporti sono certamente più cordiali, visto che dopo tutto siamo “clienti” che non badano a spese: gli Italiani oggi vengono numerosi come turisti, portano denaro nelle casse esangui della Grecia stroncata dalla crisi e dalle ferree norme di austerità imposte dalla Comunità Europea e c’è ancora qualcuno, qui, sull’isola del dio Sole e del mitico colosso (che lo raffigurava all’entrata del porto di Rodi), che si ricorda come, accanto al cervo in bronzo simbolo di Rodi che accoglie oggi su una colonna le navi in porto, per un ventennio su un’altra colonna c’era anche la lupa di Roma a fare il paio su lato opposto della diga foranea. “Come sta Berlusconi?”, mi sono sentito dire ad Asklipio, nel cuore caldo dell’Isola. 

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