L'Appennino in roccia arenaria
Una delle caratteristiche del nostro Appennino, territorio ricchissimo di bellezze naturalistiche e storico-architettoniche, è quella di custodire i suoi segreti fin troppo bene. E non mi riferisco soltanto ai diversi monumenti arborei a me così cari, in genere ignorati dagli itinerari turistici: nel Parco regionale dei Sassi di Rocca Malatina, ad esempio, ci sono due spettacolari geositi “dimenticati”, che pochissimi conoscono e quindi visitano, ma che meritano sicuramente il viaggio. Il primo si trova nel comune di Guiglia, ed è il cosiddetto Dito di Samone: un incredibile sperone di roccia arenaria, plasmato da fenomeni erosivi, che ricorda molto il pollice alzato di Fonzie. Se nessuno va a vederlo, il motivo è semplice: nascosto dalla boscaglia, dalla strada non si vede e – cosa da inappellabile scomunica turistica – non esiste uno straccio di cartello che ne segnali la presenza. Eppure raggiungere questa singolare formazione rocciosa è facilissimo, dato che si trova a lato della strada provinciale 623, quella che da Rocca Malatina va verso Zocca, a 5 chilometri dal paese natale di Vasco e a due passi dal bivio che dice “Samone 2”. Qui basta svoltare sulla SP 26, cioè a destra, proprio in direzione Samone, e duecento metri dopo, di fronte all’unica abitazione presente, sul ciglio destro della strada vedrete un piccolo cartello bianco verde che recita “confine del parco”: penetrate nella boscaglia e, dopo un attimo, vi troverete ai piedi del famigerato dito, dal quale, tra l’altro, si gode una rinfrancante vista sulla vallata e sull’abitato di Samone. Unica avvertenza: che non vi venga la malsana idea di salire a cavallo del dito, perché la roccia arenaria forma un’insidiosa e scivolosissima sabbiolina che, in assenza di parapetti, potrebbe trasformare un momento bellissimo in un disastro.