Storia - Lo ritrasse, forse dipinse per lui ma non ci sono prove di incontri tra i due

Raffaello e Alberto: quegli incroci da lontano

Il 6 aprile del 1520, cinque secoli orsono, si spegneva a Roma uno dei massimi geni della pittura del Rinascimento, Raffaello Sanzio; aveva solo 37 anni ma era già riconosciuto nel suo tempo come un artista inarrivabile, pittore ed architetto, maestro e ispiratore di una generazione di pittori formatisi alla sua scuola e suoi epigoni dello spessore di Andrea del Sarto, Giulio Romano, Sebastiano del Piombo e, ancora, Antonio Allegri detto il Correggio, fino a Girolamo da Carpi che poi di Carpi non era. Ma Raffaello, artefice di madonne, di santi e di papi, qualche rapporto indiretto con Carpi l'ebbe, eccome. Nel quinto centenario della sua morte e nel quadro delle celebrazioni che l'Italia e il mondo intero dedicherà alla sua opera artistica è forse il caso di ricordare anche quei frammenti della sua vita che si intersecarono, nelle temperie tumultuose delle guerre dell'Italia rinascimentale, con i personaggi di casa nostra, a loro volta protagonisti non secondari di quegli stessi anni: Alberto Pio e suo fratello Leonello, un "diavolo" di ambasciatore, il primo, un "leone" guerriero il secondo. Per il principe di Carpi, abituale frequentatore dei "salotti romani" negli anni in cui il pittore di Urbino dipingeva le stanze dei pontefici Giulio II e Leone X, Raffaello era probabilmente un incontro abbastanza consueto. 

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