De Bortoli, l’Italia salva: si spera senza tragedie

E' fatto così, Ferruccio De Bortoli, ex direttore del Sole 24 Ore e del Corriere della Sera al quale Massimiliano Panarari, editorialista de la Stampa, ha chiesto se “ci salveremo” (si intitola proprio così il suo ultimo libro edito da Garzanti) o se il nostro Paese precipiterà in un nuovo Medioevo. Signorilmente distaccato, attento a non affondare troppo nell’attualità strettamente politica, mantenendosi sempre a una certa altezza sui problemi, ha collocato la chiave della salvezza dell’Italia nel rispetto delle regole e nel coltivare la memoria, requisiti indispensabili per garantire qualità alla cittadinanza. Ha tracciato un quadro dell’Italia nell’era populista e sovranista come di un Paese che si racconta peggio di tutti, ma molto apprezzato all’estero come dimostrano i tanti connazionali che occupano oggi nel mondo posizioni di primo piano in tutti i campi: prova, questa, di un sistema formativo di eccellenza per il quale si spende meno che per gli interessi sul debito. Siamo un Paese poco governativo, ha sottolineato, nel senso non solo di non governato, ma capace di fare da sé, chiunque sia a governare. E ha molto insistito sull’invecchiamento, sull’emigrazione dei giovani, sull’assenza di politiche che li favoriscano (“Con quota cento, dovevano esserci tre posti per i giovani per ogni pensionato: in realtà occorrono due pensionati per dare un posto a un giovane”): tutti fattori che si assommano nella previsione, da qui a venticinque anni, di una popolazione attiva che scenderà dall’attuale 63 per cento al 54 per cento del totale. 

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