Nativo di Carpi ora risiede a Modena

Nuovo fumetto italiano, Marino Neri fra i suoi protagonisti

«Disegnavo e leggevo molto, anche quando non sapevo leggere»: comincia a raccontarsi così il disegnatore Marino Neri, considerato uno dei protagonisti del nuovo fumetto italiano. Nel 2012 ha vinto il premio “Nuove Strade” di Napoli Comicon e del Centro Fumetto Andrea Pazienza come miglior talento emergente. Nato a Carpi nel 1979, anche se risiede a Modena, ha tante amicizie carpigiane e collabora con circoli e associazioni locali per proporre laboratori, mostre e presentazione di libri. Ad oggi ha pubblicato cinque graphic novel (cioè libri a fumetti), la maggior parte delle quali sono state tradotte in Francia e in Corea. Ha collaborato con vari quotidiani e riviste, da Il Sole 24 ore a Internazionale da Le Monde a Linus. Come ha cominciato? «Ho avuto un percorso particolare: quando ho iniziato verso i vent’anni non c’erano scuole di fumetto, il fumetto in Italia scontava una grossa crisi. Così inizialmente mi sono dedicato alla pittura, poi però verso i venticinque anni sono tornato al fumetto perché avevo bisogno di raccontare, avevo delle velleità narrative. Intanto erano spuntate nuove realtà: a Bologna erano nate case editrici specializzate come Coconino Press, che ha portato in Italia fumettisti come Adrian Tomine e Daniel Clowes, oppure piccole realtà indipendenti come Canicola Edizioni. Ed è stato vincendo un concorso nel 2008 che ho potuto pubblicare il mio primo libro: “Il Re dei fiumi” per Kappa edizioni». Come nascono le sue storie? «Parto raccontando le cose che conosco, che ho sempre visto, quelle a me più vicine come le periferie, perché la realtà italiana è quella. Il primo libro per esempio era ambientato nella zona modenese dei Tre Olmi durante l’inondazione di un fiume o il secondo nell’appennino toscoemiliano. Il quarto invece, dal titolo “L’incanto del parcheggio multipiano”, è una ghost story che si svolge in una periferia generica: c’è un fantasma che infesta un parcheggio multipiano, un reperto di archeologia industriale, un non-luogo che per paradosso è diventato simbolo della modernità». Qual è il suo stile? «Io ho scelto di usare uno stile classico e una tecnica semplice basata su tinte piatte che realizzo con pennello, pennino, china e qualche intervento con il computer. La cosa bella del fumetto è che si può dirigere tutto, si può fare contemporaneamente il regista, l’attore, il tecnico delle luci… e si può creare un’epopea come quella di “Star Wars” semplicemente con matita e carta. Il fumetto è un linguaggio potente, ancora da scoprire fino in fondo».

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