La mia donna tra musica e film

Alessandra Marchi ha affidato a un “corto” in tre episodi del regista Giulio Rosati, interpretati da Carlotta Antonelli e con sfondo musicale new wave, l’immagine della donna della collezione Aniye By autunno inverno 2021 - 2022

«Sul lavoro sono una testona, quando devo perseguire un obiettivo. Però sono di cuore e chi lavora con me lo sa. Le mie colleghe sono anche amiche, guai a chi me le tocca. Lavoriamo a un tavolo semicircolare: io sono al centro e posso parlare allo stesso modo con ciascuna di loro». La carpigiana Alessandra Marchi, direttrice creativa di Aniye By, è schietta, sincera e genuina come la sua terra. Instancabile, lo si capisce da quello che ci racconta, è piena di un’energia che trasmette a ogni movimento. È una entusiasta per natura, Alessandra Marchi. E il successo del progetto tramite il quale ha presentato la collezione autunno-inverno 2021-2022 le dà ragione. Si tratta di tre episodi per un unico corto, girato da Giulio Rosati e interpretato da Carlotta Antonelli, che miscelano moda, cinema e musica.

Perché uno short music film?

«L’ultima sfilata digitale organizzata per presentare la collezione primavera-estate 2021 (quella, per intenderci, che ha visto partecipare Chiara Ferragni e Ghali, ndr) è stata un’occasione per divertirci e divertire. Per la nuova collezione, però, ho voluto qualcosa di ancora diverso. Da tanto seguivo il regista Giulio Rosati, autore dei più bei videoclip italiani del momento (Salmo, Mengoni, lo stesso Ghali): l’ho fortemente voluto, così come ho desiderato la stylist che di solito collabora con lui, Ramona Tabita. Da lì è partito il progetto. Insieme a Luca “Grillo”, mio consulente estetico, abbiamo pensato a uno short music film che coniugasse cinema e musica. Abbiamo scelto un pezzo fortissimo, Fade to Grey dei Visage del 1981 e creato una situazione che definirei onirica. Le tre puntate sono state girate a Roma, all’Hotel Majestic» Parliamo della protagonista. «Avevo bisogno di un volto di un certo tipo. Mi hanno proposto diverse persone: quando ho trovato Carlotta Antonelli, attrice di Suburra, mi sono innamorata.

È nei miei colori, è quel genere di donna possibile, non è la “bellona”, che non mi interessa. Ha sostanza, è una persona intelligente, per niente artefatta, umile. Nel creare lo script della storia io, Katim Sabbagh e Luca Grillo, abbiamo immaginato una serie di sliding doors. La protagonista rivive la stessa scena tre volte, ognuna contraddistinta da un ostacolo – l’ascensore perso e la telefonata mancata, le mani che la trattengono – fino a che non arriva a togliersi di dosso ogni impedimento, lasciandosi andare a un ballo liberatorio nella propria stanza per poi raggiungere il proprio obiettivo. Il risultato è esattamente quello che volevo. Ho amato molto lavorare a questo progetto: esprime perfettamente l’idea che ho di noi, di Aniye By»

Chi rappresenta, Lotty Love?

«È la rockstar che c’è in ognuna di noi. Chi non ha desiderato esserlo almeno una volta? Nella musica, nel cinema… E poi chi non ha mai ballato da sola? Chi non ha aspettato con ansia una telefonata? Ci sono cose che accomunano tutte le donne, indistintamente. Lotty Love rappresenta il potersi esprimere veramente, senza inibizioni» La musica è protagonista dei video, al pari di Carlotta. «Il brano si intitola Fade to Grey. Diciamo che compie 40 anni quest’anno: in realtà è del 1980, ma è nell’anno successivo che ha scalato le classifiche. Perché questa canzone? Intanto perché è in inglese, la mia lingua preferita, e quindi rende perfettamente quel tipo di sound new wave proprio degli anni Ottanta. Poi, perché appartiene all’elettronica, il genere che amo di più. Va in crescere, ha un sound e un ritmo meravigliosi, un po’ di suspense all’inizio…insomma è perfetta» 

Achille Lauro, Madame, Ghali: un mondo che la coinvolge molto.

«Assolutamente. La musica è parte della mia vita, tanto che sempre più, nel tempo, ne ho fatto parte integrante delle presentazioni delle collezioni del marchio. Madame, la libertà di mostrarsi per quello che è. Così Lauro, che è un performer, molto umile. Poi Ghali, di cui ammiro l’eleganza. E ancora, Marrakesh, Venerus...» Le sue donne sono molto genuine. Come lei.

«Spero davvero di esserlo (ride, ndr). Per me le donne non hanno età, non si può targettizzarle. Caratterialmente sono ironiche, questa è la prima caratteristica. “Dove vado vestita così?” per noi non esiste. Dipende da come si approccia la situazione, da quanto si sente bene nei suoi panni. Ci vuole anche un po’ di sana follia, sennò sai che noia!»

Che rapporto ha con Carpi? Chissà quante città ha vissuto, per lavoro…

«In realtà non tante, perché non mi sposto molto: non è necessario per provare l’emozione che mi serve. Chiaro che la amplifica e che se passeggio per le strade di New York, non è come se mi trovassi in via Lama. Ma se mi si chiede dove abiterei tra i due luoghi, risponderei Carpi. Carpi è il mio nido. Non ho mai sentito la tentazione di trasferirmi. Non ometto mai di dire da dove arrivo, anche perché qui abbiamo vissuto anni che tante città possono solo sognare»

Da dove trae ispirazione?

«Si tratta più che altro di sensazioni, qualcosa di inaspettato. Può essere una chiacchiera con una collega che mi parla di qualcosa che non c’entra niente con ciò cui mi sto dedicando, ci “vedo” qualcosa e parte un progetto. Sicuramente, quello da cui parto sempre è la musica, soprattutto quella elettronica dei Depeche Mode o di David Bowie»

Vogliamo parlare di Aniye By Girl, la collezione bimbe dai 6 ai 13 anni?

«Me la chiedevano da tanto, ma ho sempre rifiutato perché pensavo fosse un business non troppo nelle mie corde: non perché non mi interessasse, quanto perché sono consapevole del fatto che per le bimbe esistono in commercio abiti bellissimi a cifre anche basse. Tuttavia, me l’hanno chiesta talmente tante volte che alla fine ho accettato. Ma alle mie regole, ovvero che non fosse affidata a nessuna filiera diversa dalla nostra e che fosse solo virtuale. La collezione, infatti, non è fisica, eccetto quella creata per fare lo shooting, e viene venduta solo attraverso il virtual show room. Per quale motivo? Penso che le agenzie debbano adeguarsi a un nuovo modo di fare moda. Sul fatto che sia meno romantico posso essere d’accordo, ma perché fare di un progetto così piccolo, un business già così pesante per l’azienda? Una curiosità che voglio condividere: le bimbe che hanno posato per lo shooting sono “a chilometri zero”, figlie di amiche. Nessuna è una modella, per tutte è stato un gioco. È tutto made in Carpi, insomma!».

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