Sagra e Municipio uniti da una legnaia

Ci sono consuetudini civiche che affondano la loro origine nella notte dei tempi e nelle quali si riflettono piccoli scorci di storia cittadina. Perché, per esempio, il Comune è tenuto alla manutenzione ordinaria e straordinaria della più antica chiesa di Carpi, la Sagra, anche se il prezioso edificio appartiene al Capitolo della Cattedrale? L’ultimo intervento che si ricordi è quello di poco prima del sisma del 2012, relativo alla torre campanaria, ma disseminati nel piani degli investimenti si ritrovano diverse altre opere manutentive dell’edificio pagate dal Comune di Carpi. Grazie a uno “scavo” nei documenti notarili condotto da Gianfranco Guaitoli è possibile risalire all’antefatto, che si colloca in un rogito del 18 maggio 1932 predisposto dal Segretario comunale Gualtiero Sormani. Con quel documento, il podestà dell’epoca, Clodo Feltri, a nome del Comune di Carpi, e monsignor Eugenio Loschi, arciprete della cattedrale e presidente del Capitolo, stabilivano di assegnare al Municipio per nove anni una stanza della sagrestia, ma conside- rata parte integrante dell’attiguo Castelvecchio, posta a nord della chiesa per ricavarvi il deposito della legna necessaria al riscaldamento della scuola elementare ospitata proprio in Castelvecchio. Il Comune, in cambio, oltre a erigere un muro per separare la stanza dal resto della sagrestia, si impegnava a versare al Capitolo della Cattedrale il canone annuo di una lira e ad assumersi l’onere della manutenzione ordinaria e straordinaria della Sagra, escluse le spese di restauro della parte architettonica e artistica che fossero decise dalla Commissione di Storia Patria. Tutt’al più, veniva precisato nell’atto, il Comune avrebbe potuto concorrere alle spese, “...se crederà del caso, nella misura ritenuta opportuna o possibile per il dovere morale che ad esso incombe di migliorare il patrimonio artistico della città, senza che per questo contratto gliene derivi alcuno”. In altri termini, per le opere di maggior rilevanza il Comune si sarebbe riservato di intervenire, a sua assoluta discrezione e senza obblighi contrattuali. In realtà, il contratto non faceva che fotografare e formalizzare una situazione esistente già di fatto, come avviene spesso nelle cose della pubblica amministrazione. Il Municipio utilizzava già da tre anni la stanza, dopo aver realizzato il muro di separazione. E si era già accollato le spese del restauro delle volte della chiesa, danneggiate dal terremoto del 13 giugno 1929. L’idea di conferire dignità e stabilità contrattuale alla situazione era stata del Presidente della Commissione di Storia Patria, Giulio Ferrari, che in una lettera al Podestà, datata 11 marzo 1932, chiedeva di mettere nero su bianco lo “scambio”, sottolineando il rischio di degrado che incombeva sulla Sagra, da tempo non più officiata e gravante sulle scarse risorse del Capitolo della Cattedrale. La lettera di Ferrari al Podestà è perfino commovente per gli accenti che contiene sul valore artistico e di testimonianza storica che l’edificio riveste per Carpi, scomodando Giosuè Carducci e la poesia “La Chiesa di Polenta” da lui dedicata nel 1897 all’edificio sacro nei pressi di Bertinoro, più o meno coevo della Sagra, altrettanto prezioso e in aiuto del quale erano intervenute le istituzioni locali. Il Podestà, a quel punto, di fronte allo stato di fatto e alla pressione di Ferrari, non poté esimersi: l’11 aprile 1932 deliberava di accogliere la richiesta e di sottoscrivere un contratto che, per quanto se ne sa, non è mai stato modificato. Anche se la scuola funziona a gas e la legnaia non c’è più. (ha collaborato per le ricerche Gianfranco Guaitoli)

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