La saga degli Agnelli e la storia della Fiat nel libro di Jennifer Clark presentato ieri alla Fenice Libreria

Perché una giornalista americana scrive l'ennesimo libro sugli Agnelli? «Perché, scomparsi gli Olivetti, i Ferruzzi, i Merloni, i Marzotto è davvero l'ultima dinastia sopravvissuta, almeno fra quelle industriali. E occorre andare in Corea o in Giappone, per trovarne di analoghe», ha spiegato sabato pomeriggio alla Fenice Jennifer Clark, redattrice di Bloomberg e collaboratrice in passato del Wall Street Journal e di diverse altre agenzie di stampa americane. All'incontro, organizzato dallo Studio Rpr di sviluppo business e comunicazione di Raffele Porro che lo ha condotto, l'autrice ha presentato il suo "L'ultima dinastia”, appunto (Solferino 2024, 432 pagine, 22,50 euro) che ripercorre la storia degli Agnelli da Giovanni, che fondò la Fiat con un gruppo di aristocratici torinesi, fino a John Elkann, attraverso due guerre mondiali, i rapporti con il regime fascista, la conversione della produzione verso l'industria bellica, le trattative con partigiani da una parte, tedeschi e fascisti repubblicani dall'altra per preservare gli stabilimenti, la ricostruzione post bellica, l'alternarsi di momenti floridi come gli anni del boom, quando la Fiat divenne traino e simbolo del miracolo economico italiano, e quelli critici degli anni successivi, quando sul colosso industriale torinese si palesò più di una volta la minaccia del fallimento. Ma il libro è questo, storia, dunque, ma anche una narrazione  nella quale alle vicende economiche, sotto gli occhi di tutti, si intrecciano quelle familiari al riparo di ville e giardini, i matrimoni dettati da esigenze dinastiche, gli amori, le morti premature di figli ed eredi, gli scontri di potere: tutto quello, insomma, che fa di una vicenda reale anche una saga che ha alimentato molte cronache del jet set internazionale. segue

Nel corso della conversazione con il pubblico, Jennifer Clark ha mostrato una conoscenza di questa vicenda famigliare durata 125 anni che va ben al di là delle cronache patinate e accomodanti riservate agli Agnelli, a partire proprio da molta stampa americana. Il libro è frutto infatti di un lavoro di scavo e ricerca archivistica i cui esiti sono proposti però in forma godibile e spedita. E non tralascia nulla dei problemi e degli interrogativi, passati e recenti, che si legano alla vicenda della Fiat: i ripetuti salvataggi, le risorse ottenute dallo Stato per evitare i licenziamenti, il ruolo di figure dirigenziali, da Valletta a Romiti a Marchionne, l'attuale assetto di Stellantis che, pur posseduta per la maggioranza dalla Exor guidata da John Elkann, continua a essere ritenuta francese, ma è divenuta una multinazionale operante nei settori più vari, allargatasi per acquisizioni e che ha progressivamente ridotto l'industria automobilista italiana a un ruolo marginale. Fino al ruolo che potrà giocare l'Italia qualora, in virtù dei dazi, la produzione di auto cinesi per la quale Stellantis è partner di Leapmotor, approdi in Europa. Sono stati questi i quesiti ai quali è parso più interessato il pubblico, ruotanti intorno alla domanda "Quanto la Fiat ha giovato all'Italia e quanto l'Italia alla Fiat?”. Anche se il fulcro del libro, come ha spiegato l'autrice, vale a dire la mancanza di una successione, ha richiamato inevitabilmente i rapporti tra l'avvocato Gianni Agnelli, la figura più esaltata sul piano dell'immagine, quanto poco palpabile nelle scelte aziendali e assente in famiglia, e il figlio Edoardo, tragicamente scomparso, la figlia Margherita, tuttora protagonista di un intricato contenzioso ereditario, la moglie Marella, sposata per scelte dinastiche, i nipoti, prima Giovanni Alberto (Giovannino, anche lui deceduto prematuramente) e poi Lapo e John. Con quest'ultimo, la storia parrebbe continuare, ma non è più quella di prima.