La peste manzoniana? Contagiò anche Carpi
La ricostruzione di quelle tragiche giornate in due saggi basati su documenti d'archivio
Tutti a ricordare le peste raccontata da Alessandro Manzoni nei “Promessi sposi” e nel suo saggio “La colonna infame”. Ma quella di Carpi? Il bello è che si tratta della stessa: stessi diffusori (i Lanzichenecchi, soldataglia al servizio dell’Imperatore calata in Italia e arrivata ad assediare Mantova nell’ottobre del 1629); stessi focolai, vale a dire diverse località della Lombardia, prima regione attraversata dagli eserciti imperiali; stesso, precario contesto igienico sanitario rappresentato dalla sovrabbondanza di pulci e dalla cattiva nutrizione delle popolazione reduce da una lunga carestia; stesso anno, il 1630, giorno 10 febbraio, scelto come inizio perché è la data in cui viene affissa in città la “grida” del Duca di Modena (oggi la chiameremmo Dpcm, Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) con l’elenco delle città e dei luoghi messi al bando, le “zone rosse” dell’epoca. Dobbiamo la ricostruzione di quei drammatici giorni al saggio di Simonetta Caliumi “Carpi 1630: il Governatore, i Provvisori e i Conservatori della Sanità di fronte alla peste” (ne “Il Principato di Carpi in epoca estense”, Roma 2002) e a Mario Pecoraro che ne scrisse nel suo “Le istituzioni ospedaliere di Carpi nei secoli” (Mantova, 1981).